lunedì 27 ottobre 2014

Quale opportunità: figlie di un Dio minore

Figlie di un Dio minore
Divieto  di guida, segregazione, acido in faccia, violenze ed esecuzioni, questa l'emancipazione di una parte rosa che da molto aspetta diritti, non diritti speciali, semplicemente di una vita dignitosa tra studio e normalità.
 " Madre non piangere accuserò i giudici al tribunale di Dio..." irreale storia di Reyhaneh Jabbari, sembra uscita da un libro di orchi e streghe invece è semplicemente frutto della negazioni di diritti essenziali per migliaia, milioni di donne e bambine che ogni anno vengono stuprate, sottoposte ad ogni tipo di violenza senza il diritto alla ribellione.
Uccisa, condannata all'impiccagione per aver subito violenza ed essersi difesa con forza fino alla morte del suo aguzzino, agiato e credibile a cui aveva tolto l'onore di una vita da benpensante.
Tutta da leggere la lettera testamento... "Le mie parole sono eterne e le affido a qualcun altro...prima della mia morte voglio qualcosa da te o madre, ... non appena sarò impiccata il mio cuore, i miei reni, i miei occhi, le ossa e qualunque cosa possa essere trapiantata venga presa dal mio corpo  e data a qualcuno che ne ha bisogno, come un dono...dammi al vento perché mi porti via... Il mondo non ci ama. Non ha voluto che si compisse il mio destino ed ora mi arrendo ad esso ed abbraccio la morte... Di fronte al tribunale di Dio io accuserò gli ispettori, il giudice ..." Una lettera testimonianza che dopo anni di carcere non grida più ma esprime la rassegnazione di chi sa che ormai nulla potrà essere fatto se non affrontare la Qjsas, la dura legge del taglione del regime iraniano
Troppe storie di bambine maltrattate, vendute da padri padroni a cui devono solo obbedienza, troppa miseria per non barattare quella bambina inutile, troppa cupidigia per non adescare quella fragile fanciulla, troppo di tutto ciò che è indecente e che invece agli occhi di molti appare come opportuno, si  crea un vuoto insostenibile intorno agli occhi vivaci da cerbiatta di molte ragazze, un baratro che ci obbliga ad informarsi, a cercare ragioni, a cambiare sistemi politici e a denunciare situazioni.
STOP alla violenza di genere, STOP alla violenza governativa
Dopo la terribile morte di Reyhaneh  e gli attacchi con l'acido il governo  di Teheran vieta i cortei di protesta  ma la rivolta ormai dilaga nella Rete e nelle teste delle persone si fa sempre più spazio un' idea gridata di forte giustizia che dovrà prendere campo.
Da leggere l'articolo di Vanna Vannuccini su La Repubblica di oggi 27 ottobre, segnalato anche il film sulla condizione femminile della regista Pouran Derkhshandé " Sss... le ragazze non gridano" contro i crimini commessi sotto il silenzioso appoggio dei vari governi

PROPOSTA:
uno sguardo attento sugli occhi  ed i volti delle donne attraverso foto suggestive, a Palazzo Madama- Torino " WOMEN OF VISION" un modo per comprendere non per riscattarsi

martedì 21 ottobre 2014

Far rivivere la Storia

A Spasso con la Grande Storia
Il 16 e il 17 ottobre, 50 ragazzi, alunni delle due terze a tempo prolungato della scuola secondaria di primo grado Giovanni Della Casa si sono recati sul Monte Pasubio per rendere omaggio agli eroi della Grande Guerra.
Il Centenario dall’ingresso dell’Italia nella Grande Guerra sarà infatti al centro della programmazione del Progetto Unitario di quest’anno, insieme al 70.ennale dalla Liberazione.
Con il patrocinio dell’Amministrazione comunale, rappresentata nell’occasione dalla me medesima in qualità di ex-docente e di consigliere comunale, è stato  programmato un viaggio d’istruzione  con 4 docenti organizzatori ed  accompagnatori Gianna Freddducci, Susanna Pecchioli, Simone Squarzanti e Mauro Tatti e in  rappresentanza del Consiglio comunale dei ragazzi il vicesindaco Zeno Rossi
            L’uscita ha puntato a suscitare un forte coinvolgimento emotivo dei ragazzi attraverso    
            un’esperienza con  caratteri di insolito e di “unico” in particolare:
Ø  un’analisi “sul campo” di quelle che erano le condizioni ambientali in cui vivevano e morivano i soldati della Grande Guerra, che per l’Italia fu essenzialmente guerra di montagna;
Ø  uno stimolo per una rielaborazione che accompagni le classi coinvolte in un lavoro lungo un anno, con riferimento in particolare al percorso di laboratorio teatrale condotto da Anna Scalabrini, che prevede un momento finale all’interno delle iniziative che l’Amministrazione Comunale sta promuovendo per il prossimo mese di maggio 2015 a Villa Pecori Giraldi,
Il monte Pasubio,  a differenza di altre zone di montagna, fu linea di fronte per tutti gli anni della guerra;  fu guerra di montagna e di trincea, in un contesto ambientale di aspra bellezza; fu teatro di operazioni della prima armata, al cui comando fu posto il “borghigiano” maresciallo Pecori Giraldi che fece costruire anche l’Ossario.
I ragazzi hanno reso onore al nostro illustre concittadino con solennità attraverso letture e deposizione di una bandiera della pace all’ Arco romano, monumento in onore dei caduti inaugurato in sua presenza, dopo essersi soffermati di fronte all’insegna “DI QUI NON SI PASSA” motto della brigata Liguria ed aver poi proseguito in zona trincee fino al dente austriaco a pochi metri da quello italiano.
Due giorni di duro cammino, accompagnati da 2 guide CAI della sezione di Schio ( Vicenza) nelle terre dell’Ecomuseo della Grande Guerra per percorrere La strada delle 52 gallerie e la Strada degli eroi, per esplorare la zona sommitale del monte Pasubio con resti di trincee, gallerie e fortificazioni nello sforzo di comprendere le condizioni di vita dei nostri soldati in una guerra di trincea dove la conquista eroica di pochi metri rappresentava la  meta di mesi di tragico impegno.
Il pernottamento al rifugio del CAI  “gen. Achille Papa” (m.1925), ha permesso ai ragazzi di scoprire molti testi di documentazione del percorso e di riposarsi sotto lo sguardo severo ma benevolo del busto del  generale.
Lo studio delle nostre guerre  per comprendere il valore universale  della pace.
Emozionati e stanchi di fronte all' ARCO ROMANO viviamo pagine di storia, cerchiamo di capire, scoprire senza il manuale sott'occhio
Il rifugio generale Achille Papa sul monte Pasubio
A 100 anni dalla Grande Guerra i ragazzi in uno spirito di pace hanno reso omaggio ai caduti sul monte Pasubio nel luogo in cui il maresciallo della 1^Armata Guglielmo Pecori Giraldi presenziò all’ inaugurazione del monumento commemorativo il 15-8-1935

martedì 14 ottobre 2014

Dall'attualità al peso della MEMORIA


Nel  compleanno di Hannah Arendt, filosofa, scrittrice, storica, Hannover 14 ottobre 1906 -  New York  4 dicembre 1975 è un dovere  parlare di  privazione dei diritti civili e di persecuzioni subite.
Noi tra diversi coraggiosi TESTIMONI incontrati abbiamo conosciuto personalmente SILVANO LIPPI, recentemente scomparso.
14-10-2014
Carissimi familiari di Silvano,
ho saputo solo ieri della scomparsa di Silvano e ne sono rimasta tanto addolorata, l’ultimo incontro a gennaio, gli ultimi contatti in primavera per una lezione che avrebbe dovuto tenere a scuola con i ragazzi che già aveva conosciuto in passato.
Il suo impegno un insegnamento, la sua vita un monito, il suo linguaggio semplice e sincero pareva voler sussurrare non gridare  gli orrori vissuti. L’onore di averlo conosciuto, incontrato più volte anche insieme ai miei alunni durante le riprese per il dvd allegato all’ ultimo libro“ 39 mesi 60 anni dopo”. E che dire di  quell’ ingenuo rammarico ripetuto più volte per il microfono da me sorretto nell’ occasione della registrazione, un regalo irripetibile. Una persona semplice, speciale con un passato orribile di cui ci ha reso testimoni.
 Quante occasioni mancate, per pudore per non voler interferire con i suoi molteplici impegni e poi… il dispiacere di non aver potuto lanciare un ultimo saluto  “ CIAO SILVANO, resterai nei nostri occhi, nelle nostre orecchie, nelle nostre menti e nei nostri cuori,  in nome tuo ci faremo portavoce di iniziative sul valore della memoria che da grande Maestro ci hai insegnato. GRAZIE! UN milione di GRAZIE! ”
Un caro saluto affettuoso ai familiari che spesso rammentava con grande affetto ritraendone un quadro esemplare successivo al buco nero, drammatico del ricordo ed a tutte le persone che hanno condiviso con Lui i tempi brutti, quelli migliori e l’ultimo periodo prezioso di vita.

Spero che riusciremo con i ragazzi, nella  scuola, a costruire una giornata di commemorazione
dal ricordo ...una speranza...
  
  
Recensione di Laura Tussi 4 giugno 2012
Silvano Lippi "39 Mesi - 60 Anni dopo", Edizioni Multimage, Firenze 2012
Silvano Lippi, dopo l'Armistizio dell'8 Settembre 1943, si rifiuta, in qualità di militare, di aderire alla Repubblica Sociale Italiana di Salò (RSI). Per 39 mesi subirà la prigionia e la deportazione nei campi di concentramento e di sterminio nazifascisti. Dopo sessant'anni decide di raccontare, di testimoniare.
In questo libro un uomo, un uomo solo, narra una tragica vicenda. Una scelta, una decisione che segnano  la vita. Uno spartiacque tra la barbarie, il terrore, l'oscurantismo e il desiderio di pace per un futuro diverso. Quest'uomo compie una svolta decisiva nella propria esistenza. Dopo l'8 settembre 1943, come militare, decide di non allearsi con la Repubblica Sociale di Salò. Il suo destino è raccapricciante, allucinante, inverosimile: per 39 mesi sarà costretto alla prigionia e al lavoro coatto, dapprima nei campi di concentramento dell'Egeo (Rodi, Samos, Leros, ed altri), poi in Germania, nei campi di lavoro, tra i quali quelli situati nelle gallerie, poi a Norimberga e infine nel campo di sterminio di Mauthausen.
Quest'uomo, sessant'anni dopo, decide di consegnare alla storia il proprio racconto, in una testimonianza lucida, pacata, commossa, priva di rimorso, di rancore, di vendetta. Una testimonianza che vuole raccontare in termini incisivi la realtà terrificante delle deportazioni nazifasciste di militari italiani dopo l’Armistizio. Il protagonista della vicenda è Silvano Lippi.
Quando nel 1945, finita la guerra, tornò a Firenze, iniziò per lui un periodo di grande sofferenza e tormento interiore. Per non dimenticare, cominciò a stendere degli appunti sul proprio passato. Scrivere,  lasciare testimonianza  gli pareva  essenziale e  importante. Così cominciò anche a raccontare. Nessuno sapeva. L'incredulità, il silenzio erano spesso la risposta ai suoi racconti che non sembravano verosimili. A Silvano sono stati necessari ben sessant'anni di riflessione, tormento e sofferenza per arrivare alla decisione di scrivere e raccontare i tragici avvenimenti di cui è stato protagonista.

Questo libro, una cronaca intensa e sofferta nasce dal bisogno di Silvano di esternare tutto quello che ha trattenuto in anni di silenzio nei propri ricordi, nelle sofferenze, nelle lacerazioni di quei giorni terribili con la necessità impellente di parlare, raccontare, testimoniare. Questo scritto non ha pretese letterarie, ma vuole solo far conoscere un'esperienza vissuta in un tempo fra i più bui della storia dell'umanità. Un periodo in cui avere e manifestare idee diverse da quelle dominanti del fascismo e del nazismo costava addirittura la vita, con la deportazione nei lager della morte. Il rifiuto di quest'uomo alla Repubblica di Salò, dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, è stato pagato a caro prezzo con la deportazione che toccò a molti soldati italiani sul fronte dell'Egeo. La storia di Silvano inizia nel 1937, quando, a soli 15 anni, fu obbligato a frequentare le adunate presso il Circolo Rionale Fascista, come avanguardista, cominciando il forzato indottrinamento politico. I giovani venivano impegnati in esercitazioni ginniche per essere inquadrati nei “valori” del fascismo. Silvano ha sempre sentito, nel proprio intimo, un rifiuto a tutto quell'apparato che il regime esaltava, ma fu obbligato ad arruolarsi. La sua vicenda vede comunque la scelta epocale del dissenso, dell'opposizione viscerale al Male, al terrore nazifascista, alla barbarie che imperavano in tutta Europa, con lo schiavismo dei deportati e l'annientamento di tutti gli oppositori al regime.

lunedì 13 ottobre 2014

Il mondo intorno alla scuola

La scuola è il mezzo principale per combattere IGNORANZA, MISERIA e SOPRAFFAZIONE, queste le parole di approvazione del filosofo ed economista Amartya Sen ( già  Nobel nel 1998) rispetto all'assegnazione del premio NOBEL per la pace a Malala Youssafzay ed a Kilash Satyarthi, un premio, venerdì 9 ottobre 2014,  che va diritto al cuore per la determinazione della giovane studentessa nell'affermare il diritto allo studio per le donne e per l'assoluta caparbietà dell'attivista indiano nel voler sottrarre minori alla schiavitù ed allo sfruttamento. Non pensiamo India e Pakistan, stati nemici e lontani, oggi non esiste lontananza, esistono occhi che ci guardano parlare di crisi e di recessione increduli rispetto ai diritti raggiunti dall'occidente ed ai bisogni ben lungi da quelli primari soddisfatti.
La scuola dunque, il ruolo fondamentale dell'istruzione, la lotta contro l'ignoranza è questo che ci salverà da un destino di degrado. Questo riconoscimento è un INNO che si leva a gran voce, con la scuola si può, con la scuola si può andare avanti tutti per una cultura di civiltà che deve essere riconosciuta ed affermata.
In quanti ormai hanno capito questo semplice e fondamentale concetto e noi... mentre stiamo discutendo di Buona Scuola futura senza coraggiosi investimenti pubblici certi, in attesa di confronti e suggerimenti dal basso ( un falso democratico) osserviamo i nostri studenti, insoddisfatti già in piazza per rivendicare diritti...


Due Nobel per la pace a persone impegnate in una lotta che coinvolge milioni di bambini in tutto il mondo, come riconoscimento a tutti i difensori dei diritti umani disposti a dedicarsi  totalmente alla promozione dell’educazione e dei diritti degli ultimi nell'infanzia, essenziale per il futuro del mondo

Malala, con la apparentemente  banale e semplice richiesta di soddisfare il diritto umano fondamentale all’ istruzione rappresenta il coraggio incarnato da una ragazzina che si è vista umiliata e diseredata ma determinata a non lasciarsi sconfiggere.
Kailash Satyarthi ha dedicato la sua vita ad aiutare i milioni di bambini che in India sono ridotti in schiavitù e costretti al lavoro in condizioni ignobili. Il suo premio è un riconoscimento alla instancabile campagna condotta da decenni dagli attivisti della società civile contro la tratta dei bambini e il lavoro minorile in India.
E’ questo il senso profondo del riconoscimento a Malala Yousakzay e a Kailash Sathyarthi, entrambi impegnati a salvare giovani dall’ignoranza e dallo sfruttamento. 
La pace nasce nelle scuole, perché la cultura della pace non è istintiva come la violenza, ma va insegnata e appresa. La cultura della pace deve essere inserita in ogni curricolo  e rinforzata negli anni, basata su aspetti quali tolleranza, autocontrollo e solidarietà

Malala ha ricevuto la notizia a scuola, frequentando  infatti le superiori a Birmingham, in Gran Bretagna, dove è rimasta  in seguito alla delicata operazione dopo l’aggressione subita.

Malala Yousafzay dall’età di dieci anni  si batte per il diritto all’istruzione delle donne nei paesi musulmani. Nel 2009  ha affidato alla BBC un diario in forma anonima nel quale descriveva la vita sotto il dominio dei talebani nel suo paese e l’esclusione delle ragazze dalla vita scolastica. Questa scelta le costò tre anni dopo una punizione. I talebani provarono a spararle mentre tornava da scuola a Mingora, nella valle di Swat. La ragazzina rimase gravemente ferita a testa e collo ma dopo essere sopravvissuta, è diventata uno stendardo per la lotta ai diritti delle bambine, tanto che il 12  luglio del 2013, in occasione del suo sedicesimo compleanno è stata invitata a parlare all’assemblea della gioventù delle Nazioni Unite a New York per lanciare la sua campagna per il diritto all’istruzione Le sue parole, che hanno lasciato i ragazzi presenti e tutti i politici a bocca aperta, risuonano ancora oggi : “I libri e le penne sono uno strumento potente ma  l’educazione è la migliore arma a chi vuole fare del male”.
 “Malala è figlia delle Nazioni Unite – interviene soddisfatto Ban Ki Moon –  Con il suo coraggio e la sua determinazione ha mostrato ciò che i terroristi temono di più : una ragazza con un libro in mano. Attraverso il semplice atto di andare a scuola è diventata un’insegnante globale e l’Onu continuerà a stare al suo fianco nella lotta contro l’estremismo, per il diritto delle ragazze di tutto il mondo di essere libere dalla violenza e di poter andare a scuola”.

Kailash Satyarthi,   operatore sociale indù di 60 anni, dagli anni novanta si occupa dei diritti dei minori in India. Ha partecipato a campagne internazionali e da svariati anni lavora per la Bachpan Bachao Andolan, gruppo indiano impegnato non solo nella difesa dei diritti dei minori ma soprattutto nella lotta contro il traffico di esseri umani. Ha dato vita ad alcuni importanti progetti lavorando nella South Asian Coalition on Child Servitude, nata in India nel 1989, che negli ultimi anni ha difeso minori in situazioni di sfruttamento. Il suo impegno ha permesso di liberare almeno 80.000 bambini dalla schiavitù, favorendone la reintegrazione sociale. Negli oltre 25 anni di attività a difesa dei diritti dei minori, Satyarthi ha partecipato a numerose campagne internazionali come la Marcia globale contro il lavoro minorile, attirando su di sé l’attenzione di tutto il mondo. Come presidente della Marcia, intervenne nel maggio 2004 a un convegno organizzato da Cgil, Cisl, Uil e Mani Tese sostenendo  che “Basterebbero tre giorni di spesa militare mondiale -pari a 11 miliardi di dollari-  per far sparire la piaga del lavoro minorile attraverso l’ istruzione data ai 246 milioni di bambini lavoratori”.


Gli estremisti e non solo temono penne e libri,  il potere dell’educazione li spaventa. Hanno paura delle donne. La forza della voce delle donne li spaventa. Questo è il motivo per cui hanno trucidato 14 studenti innocenti a Quetta, pochi mesi dopo l’attentato a Malala. Ed è per questo che i talebani uccidono insegnanti, soprattutto donne, e distruggono le poche scuole attive in Pakistan.
Quella islamica è una religione di pace, umanità e fratellanza. Ed è ciò che ispira tanti musulmani moderati come Malala, che lottano affinché l’educazione sia per ogni bambino un diritto e per ogni governo un dovere e una responsabilità, e un operatore sociale indù di 60 anni, che in decenni di lotta non violenta ha salvato almeno 80.000 bambini-schiavi.
Questo riconoscimento oggi è un segnale importante, che accomuna due realtà costantemente in conflitto che potrebbero trovare  in questa occasione una interessante opportunità.
Quando le spinte come in questo caso vengono dal basso non dalla politica, da chi si è impegnato in prima persona ci permettono di nutrire tante speranze, infatti tutti noi abbiamo l’opportunità di reagire per  cambiare le cose che non vanno.
UN segnale che obbliga ad ingenti investimenti x costruire il futuro

 QUESTO IL MESSAGGIO DA FAR CIRCOLARE TRA  I NOSTRI RAGAZZI non solo aprire gli occhi su ciò che di drammatico accade  ma mettere in risalto modelli positivi e propositivi