mercoledì 30 gennaio 2019

Il Forteto e dintorni


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Responsabilità Personale ed Istituzionale
Progetto OLTRE 
  Un percorso che prevede un impegno a sostegno delle Persone uscite o in uscìta da Il Forteto.
"Oltre. Percorsi verso l'autonomia"  Promosso da Regione, Anci Toscana, SDS Mugello e Associazione Artemisia.

Progetto SASCA

 Un progetto della durata di due anni portato avanti da una partnership europea costituita da ONG, Università, enti pubblici e associazioni di vittime, in Italia, Irlanda, Grecia e Romania. Il progetto è cofinanziato dall’Unione Europea attraverso il Justice Programme della Commissione Europea, in linea con l’obbiettivo specifico del Justice Programme di facilitare l’effettivo accesso alla giustizia per tutti, inclusi la promozione e il supporto dei diritti delle vittime di crimini e in particolare il “rafforzamento delle capacità dei professionisti competenti riguardo i bisogni delle vittime in quanto ad assistenza, informazione, supporto, protezione e compensazione”.







Il progetto affronta il problema degli abusi sui minori in ambienti istituzionali, in particolare nelle comunità residenziali, dal punto di vista degli adulti sopravvissuti, con l’obiettivo di comprendere gli effetti a lungo termine di tali eventi, di individuare le modalità con cui i superstiti di questi crimini possono trovare protezione e risarcimento nel quadro giuridico esistente e di definire come la loro esperienza può indirizzare le strategie di prevenzione per la tutela dei bambini e delle bambine che attualmente vivono in comunità residenziali.
L’abuso su minori in ambienti istituzionali è un tema ancora trascurato dalla ricerca, e ha ricevuto scarsa attenzione e riconoscimento da parte della comunità scientifica.
COnferenza
BAMBINI E BAMBINE MALTRATTATI NELLE ISTITUZIONI DI TUTELA:TRAUMA INDIVIDUALE E RESPONSABILITÀ DI SISTEMA.
Mercoledì 30 Gennaio 
Camera dei Deputati, Sala Refettorio
Via del Refettorio 76, Roma
 Orario 10-18

“Se tutto questo che ho vissuto potesse almeno servire a qualcuno….”
(intervista a un sopravvissuto)
 La Conferenza approfondirà il tema dell’abuso su minori in contesti istituzionali, a partire dalle voci di  più di 100 bambini e delle bambine, oggi adulti, sopravvissuti a questa gravissima forma di maltrattamento.
Tutte le vicende che sono state oggetto di riflessione – In Italia la vicenda del ‘ Il Forteto’, con gli oltre 80 bambini e bambine che vi sono stati collocati nel corso di oltre tre decenni, in Irlanda ‘Le Magdalene Laundries’, in Grecia e in Romania gli abusi negli Istituti residenziali –  costituiscono eventi di grave violazione dei diritti umani fondamentali dei minori e di altri soggetti vulnerabili. In ognuno di questi casi l’intero sistema istituzionale ha ignorato l’accaduto, è stato addirittura collusivo o attore attivo.
Un tema scomodo, che fatica a trovare attenzione e riconoscimento da parte della comunità scientifica e della politica. Le reazioni allo svelamento di quanto accaduto, in seguito a rivelazioni compiute dalle vittime stesse, tendono ad essere di scetticismo o di minimizzazione, perché le Istituzioni, i Servizi e gli operatori che in qualche modo sono stati coinvolti si sentono messi direttamente in discussione.
La giornata sarà occasione di riflessione e confronto rispetto alle caratteristiche di questa forma di maltrattamento, alla specificità dei danni a lungo termine che ne derivano, alla necessità di elaborare un efficace modello di intervento a sostegno dei sopravvissuti, alle strategie di prevenzione di nuovi abusi sui bambini attualmente affidati a strutture residenziali, al ruolo ineludibile dell’assunzione di responsabilità delle Istituzioni rispetto all’accaduto e, infine, all’inadeguatezza degli strumenti legislativi a nostra disposizione di fronte a questa particolare forma di maltrattamento all’infanzia.
Ore 10 Saluti  On.Mara Carfagna, Vicepresidente della Camera
On.Stefano Mugnai, già Presidente Prima Commissione di Inchiesta della Regione Toscana su Il Forteto
Annunziata Bartolomei, Vicepresidente Ordine Nazionale Assistenti Sociali
Teresa Bruno, Presidente Centro antiviolenza Artemisia
Ore 10.30  Il maltrattamento istituzionale: perché è importante occuparsene
Introduce Gloria Soavi, Presidente CISMAI
La voce dei sopravvissuti: esiti di una ricerca–intervento nell’ambito del progetto europeo SASCA
Petra Filistrucchi e Patrizia Bucarelli, psicoterapeute, Centro Antiviolenza Artemisia
L’ intervento nei casi di maltrattamento istituzionale
Beatrice Bessi, psicoterapeuta, Centro Antiviolenza  Artemisia, Patrizia Baldassarri, assistente sociale, Responsabile del Settore Minori e Famiglie della Società della Salute del Mugello
Quando il sistema collude: interventi di protezione tra tutela delle vittime e responsabilità degli operatori. Il maltrattamento istituzionale
Vittorio Borraccetti, magistrato
Percorsi di elaborazione del trauma
Marinella Malacrea, neuropsichiatra infantile e psicoterapeuta
Ore 14 L’esperienza irlandese
Introduce Lella Palladino, Presidente D.i.Re
Verso la giustizia transizionale: riconoscimento, memoria, risarcimento nel maltrattamento istituzionale
Jennifer O’Mahoney, lecturer in psychology, Waterford Institute of Technology
Ore 15 Tavola Rotonda
Responsabilità istituzionali: la possibilità di una risposta riparativa
Coordina Duccio Tronci, giornalista
On. Stefano Mugnai, On. Giovanni Donzelli, Sen. Caterina Biti, Sen. Laura Bottici 
Ore 16 Riconoscere le responsabilità professionali e di sistema per rilevare e prevenire il maltrattamento istituzionale
Introduce Alessandro Salvi, Dirigente Settore Innovazione Sociale, Regione Toscana
Ascolto e partecipazione per prevenire il maltrattamento istituzionale
Federico Zullo, Presidente Agevolando
Tutela delle vittime e responsabilità degli operatori
Marianna Giordano, assistente sociale, referente CISMAI Regione Campania
La responsabilità delle strutture di accoglienza nel riconoscimento e nella prevenzione del maltrattamento
istituzionale
Liviana Marelli, membro esecutivo nazionale CNCA con delega politiche minorili e famiglie
Ore 17.30 Conclusioni- Proposta di raccomandazioni per le istituzioni europee ed italiane
Donata Bianchi, sociologa
Brani di interviste ai sopravvissuti saranno letti da Daniela Morozzi e Matteo Marsan
 Tu da che parte Stai? Immagine correlata
Molto interessante la Giornata alla Camera
per approfondire 

https://www.minori.it/sites/default/files/Quaderni_Centro_Nazionale_33.pdf

 Pensare che ad oggi la perversione del dibattito politico è ancora centripeta, forte l'attenzione al problema da parte di forze nazionali e sovranazionali ed ancora minime e fragili le risposte locali, incredibile ma vero.
Gli Istituti sono stati aboliti nel 2006 ma quante Comunità d'accoglienza mostrano ancora segn tangibili di percorsi educativi devianti e violenti, quanta consapevolezza di CONTROLLO serve con efficacia da parte delle Istituzioni, tutte, con sforzi coordinati ed intenti democratici condivisi.

 Una data importante e in qualche modo rivoluzionaria per tutti quei bambini e adolescenti che sono costretti a vivere negli orfanotrofi: la legge 149 del 28 marzo 2001 decreta infatti la chiusura degli istituti per minori entro il 31 dicembre 2006 e il loro trasferimento presso case-famiglia oppure famiglie affidatarie.

Cerchiamo di capire quale l'intento nella legge 149 del 2001.
La chiusura degli orfanotrofi ha come scopo immediato quello di abolire quei grandi e freddi contenitori di bambini (che rappresentano una concezione assistenziale e stantia dell'accoglienza), per garantire al minore la crescita all'interno di una famiglia: innanzitutto quella d'origine, che, se versa in condizioni di indigenza, lo Stato si impegna a sostenere e aiutare (ma nei limiti delle disponibilità finanziarie di Regioni ed Enti locali); oppure un'altra famiglia (preferibilmente con figli minori) o una persona singola, alla quale il minore possa essere affidato temporaneamente (non più di due anni, prorogabili), per ricevere da essa tutto il sostegno affettivo e morale, l'educazione, l'istruzione e il mantenimento necessari a garantirgli una crescita il più possibile serena e completa, in attesa di essere restituito al nucleo parentale d'origine, se e quando esso sarà in grado di tornare ad occuparsi a pieno regime del minore. 
La legge quindi vuole aiutare anche la famiglia naturale, ponendole al fianco un'altra famiglia, quella affidataria appunto, nell'ottica solidale di una collaborazione tra le due, per cui i genitori affidatari si prendono a carico il minore che altrimenti nella famiglia d'origine, lacerata da difficoltà di vario tipo (dipendenze da alcol o droga, carcere, abusi sessuali, separazione dei genitori con l'aggravante della disoccupazione, della malattia, della povertà più nera...purtroppo le situazioni che si verificano nella realtà sono tante, differenti e drammatiche), sarebbe privato di diritti essenziali, tra i quali innanzitutto quello ad essere amato, protetto e seguito da vicino nelle varie fasi della sua infanzia e adolescenza. 
Questo mi sembra sia un pò il senso dell'affido familiare: non separare, ma creare un ponte tra le famiglie. Una grande sfida, anche, perchè si tratta di creare per quasi 24.000 bambini e ragazzi, ancora ospiti di istituti e in attesa di una diversa sistemazione, un percorso di famiglie in rete, che si aiutano e si sostengono. Un equilibrio delicatissimo, che richiede, da parte di entrambe le parti coinvolte, ma soprattutto della famiglia affidataria, dedizione totale, amore puro, senza desiderio di possesso e di esclusività.
Quindi la chiusura dei vecchi orfanotrofi vuole anche potenziare l'istituto dell'affido familiare e il ruolo di questi genitori "a tempo", che possono offrire un importante e fondamentale passaggio verso l'età adulta a giovani spesso difficilissimi, diffidenti, introversi, insicuri. 
Infatti uno dei problemi che si presenterà, con la chiusura dei vecchi orfanotrofi, è proprio quello della grande difficoltà di accogliere in affido ragazzi quasi maggiorenni, per i quali famiglia non significa nulla. Il CNCA, Coordinamento Nazionale Comunità d'Accoglienza, mette in guardia dal considerare l'affido familiare come unica e facile soluzione per adolescenti che hanno vissuto troppo a lungo negli istituti, ragazzi stranieri, con forti disturbi psicologici o che provengono dal carcere.

Vediamo ora più nel dettaglio, in una sorta di schema riassuntivo, cosa stabilisce la legge 149/2001 in tema di orfanotrofi e di possibili alternative, case-famiglia e affido.
- Il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell'ambito della propria famiglia.
- Le condizioni di indigenza dei genitori non possono essere di ostacolo all'esercizio del diritto del minore alla propria famiglia. A tal fine a favore della famiglia sono disposti interventi di sostegno e di aiuto.
Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle proprie competenze, sostengono, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, i nuclei familiari a rischio, al fine di prevenire l'abbandono e di consentire al minore di essere educato nell'ambito della propria famiglia. Essi promuovono altresì iniziative di formazione dell'opinione pubblica e delle famiglie interessate sull'affidamento e l'adozione e di sostegno all'attività delle comunità di tipo familiare. I medesimi enti possono stipulare convenzioni con enti o associazioni senza fini di lucro che operano nel campo della tutela dei minori e delle famiglie per la realizzazione delle medesime attività.
- Il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo (che non è in grado di provvedere alla sua educazione e crescita), nonostante gli interventi di sostegno e aiuto, è affidato ad una famiglia, preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l'educazione, l'istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno.
- Ove non sia possibile l'affidamento, è consentito l'inserimento del minore in una comunità di tipo familiare o, in mancanza, in un istituto di assistenza pubblico o privato, che abbia sede preferibilmente nel luogo più vicino a quello in cui stabilmente risiede il nucleo familiare di provenienza. 
- Per i minori di età inferiore a sei anni l'inserimento può avvenire solo presso una comunità di tipo familiare.
- In ogni caso, il ricovero in istituto deve essere superato entro il 31 dicembre 2006 mediante affidamento ad una famiglia e, ove ciò non sia possibile, mediante inserimento in comunità di tipo familiare caratterizzate da organizzazione e da rapporti interpersonali analoghi a quelli di una famiglia.
- Le regioni, nell'ambito delle proprie competenze e sulla base di criteri stabiliti dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, definiscono gli standard minimi dei servizi e dell'assistenza che devono essere forniti dalle comunità di tipo familiare e verificano periodicamente il rispetto dei medesimi.
- L'affidamento familiare è disposto dal servizio sociale locale, previo consenso manifestato dai genitori o dal genitore esercente la potestà, ovvero dal tutore, sentito il minore che ha compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento.
- Nel provvedimento di affidamento familiare devono essere indicate specificatamente le motivazioni di esso, nonché i tempi e i modi dell'esercizio dei poteri riconosciuti all'affidatario, e le modalità attraverso le quali i genitori e gli altri componenti il nucleo familiare possono mantenere i rapporti con il minore. 
- Il periodo di presumibile durata dell'affidamento deve essere rapportabile al complesso di interventi volti al recupero della famiglia d'origine. Tale periodo non può superare la durata di ventiquattro mesi ed è prorogabile, dal tribunale per i minorenni, qualora la sospensione dell'affidamento rechi pregiudizio al minore.
- L'affidamento familiare cessa con provvedimento della stessa autorità che lo ha disposto, valutato l'interesse del minore, quando sia venuta meno la situazione di difficoltà temporanea della famiglia d'origine che lo ha determinato, ovvero nel caso in cui la prosecuzione di esso rechi pregiudizio al minore.
- L'affidatario deve accogliere presso di sé il minore e provvedere al suo mantenimento e alla sua educazione e istruzione, tenendo conto delle indicazioni dei genitori naturali.
- Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle proprie competenze e nei limiti delle disponibilità finanziarie dei rispettivi bilanci, intervengono con misure di sostegno e di aiuto economico in favore della famiglia affidataria.

Sono state avanzate critiche a queste disposizioni legislative da parte di alcune associazioni che si occupano di minori e della tutela dei loro diritti, tra le quali in particolare l'ANFAA, Associazione Nazionale Famiglie Adottive e Affidatarie.
Innanzitutto, il sostegno economico promesso dalla legge 149/2001 alla famiglie d'origine e alla famiglia affidataria è generico ed aleatorio, in quanto è subordinato alle disponibilità finanziarie dei bilanci di Regioni ed Enti locali. 
Secondo l'ANFAA è generico anche l'impegno a chiudere gli orfanotrofi entro il termine del 31 dicembre 2006. Infatti al riguardo non è stato disposto nulla in caso di inadempienza degli enti locali. 
E non viene fornita una definizione precisa delle caratteristiche che devono possedere le comunità di tipo familiare, se non che devono essere "caratterizzate da organizzazione e da rapporti interpersonali analoghi a quelli di una famiglia". La definizione degli standard minimi dei servizi e dell'assistenza che devono essere forniti dalle comunità di tipo familiare è rinviata alle Regioni, e non tutte li hanno emanati.

L'attuazione della legge 149/2001 è ulteriormente complicata dal fatto che con la legge 328/2000 e la modifica del Titolo V della Costituzione, la competenza per le politiche sociali è esclusiva delle Regioni per quanto riguarda i poteri di programmazione e legislativi, e degli Enti Locali per quanto riguarda la gestione degli interventi. Lo Stato ha invece il compito di definire i LIVEAS, cioè i livelli essenziali di assistenza sociale indispensabili per arrivare ad uniformare le prestazioni nei confronti degli assistiti su tutto il territorio nazionale.
Al riguardo, purtroppo, la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano cui era demandata l'individuazione dei criteri in base ai quali le Regioni dovevano provvedere alla definizione degli standard minimi delle comunità di tipo familiare e degli istituti, ha deliberato, in data 28 febbraio 2002, che i criteri erano quelli previsti dal decreto ministeriale 21 maggio 2001 n. 308 riguardante i requisiti delle strutture assistenziali diurne e residenziali.
Questo decreto, però, si è limitato a prevedere per i minori comunità di tipo familiare e gruppi appartamento, inseriti nelle normali case di abitazione, con un numero di utenti che non può essere superiore a sei, e strutture a carattere comunitario con un massimo di dieci posti letto più due per le eventuali emergenze; senza l'importante precisazione, sostiene l'ANFAA, che queste strutture non debbono essere accorpate tra di loro, col rischio di ridare vita a "grandi contenitori di bambini".

Ma vediamo nel dettaglio i punti principali del decreto 308/2001:
- Le comunità di tipo familiare e i gruppi appartamento con funzioni di accoglienza e bassa intensità assistenziale, che accolgono, fino ad un massimo di sei utenti, anziani, disabili, minori o adolescenti, adulti in difficoltà per i quali la permanenza nel nucleo familiare sia temporaneamente o permanentemente impossibile o contrastante con il progetto individuale, devono possedere i requisiti strutturali previsti per gli alloggi destinati a civile abitazione. 
Per le comunità che accolgono minori, gli specifici requisiti organizzativi, adeguati alle necessità educativo-assistenziali dei bambini e degli adolescenti, sono stabiliti dalle Regioni.
- Le comunità per minori rientrano nella tipologia definita dal decreto "strutture a carattere comunitario": caratterizzate da bassa intensità assistenziale, bassa e media complessità organizzativa, destinate ad accogliere utenza con limitata autonomia personale, priva del necessario supporto familiare o per la quale la permanenza nel nucleo familiare sia temporaneamente o definitivamente contrastante con il piano individualizzato di assistenza.
- Requisiti delle strutture a carattere comunitario: capacità ricettiva da 7 a 20 posti letto compresi eventuali posti letto per emergenze; per le strutture per minori massimo 10 posti letto più eventuali 2 posti letto per emergenze; camere da letto singole e doppie; un servizio igienico attrezzato per la non autosufficienza ogni 4 ospiti; nelle strutture per minori 1 servizio igienico ogni 4 ospiti; presenza di una linea telefonica a disposizione degli ospiti.
- Le caratteristiche strutturali, organizzative e tecnologiche delle strutture a carattere comunitario devono permettere l’erogabilità delle seguenti prestazioni: somministrazione pasti; assistenza agli ospiti nell’espletamento delle normali attività e funzioni quotidiane; attività aggregative e ricreativo culturali; eventuali prestazioni sanitarie in relazione alle specifiche esigenze dell’utenza ospitata, assimilabili alle forme di assistenza rese a domicilio.
- Tra i requisiti comuni delle strutture a ciclo diurno e residenziale, tra cui rientrano anche le comunità per minori: ubicazione in luoghi abitati facilmente raggiungibili con l'uso di mezzi pubblici, comunque tale da permettere la partecipazione degli utenti alla vita sociale del territorio e facilitare le visite agli ospiti delle strutture; dotazione di spazi destinati ad attività collettive e di socializzazione distinti dagli spazi destinati alle camere da letto, organizzati in modo da garantire l'autonomia individuale, la fruibilità e la privacy; presenza di figure professionali sociali e sanitarie qualificate, in relazione alle caratteristiche ed ai bisogni dell'utenza ospitata, così come disciplinato dalla Regione; presenza di un coordinatore responsabile della struttura; adozione di un registro degli ospiti e predisposizione per gli stessi di un piano individualizzato di assistenza e, per i minori, di un progetto educativo individuale; organizzazione delle attività nel rispetto dei normali ritmi di vita degli ospiti.

Resta da vedere quali concreti interventi le singole Regioni hanno già stabilito o, com'è nella maggior parte dei casi, devono ancora deliberare, per dare avvio alla riforma prevista dalla legge 149 del 2001, e quindi permettere la chiusura degli orfanotrofi entro il 31 dicembre 2006 e l'attivazione delle soluzioni alternative (sostegno alle famiglie d'origine e a quelle affidatarie, affidamento familiare, comunità di tipo familiare).

Per concludere, vi segnaliamo alcuni documenti che possono rivelarsi interessanti ed utili per approfondire gli argomenti trattati:

Legge 28 marzo 2001 n. 149: Modifiche alla legge 4 maggio 1983 n. 184, recante "Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori", nonché al titolo VIII del libro primo del codice civile

DECRETO DEL MINISTRO PER LA SOLIDARIETA' SOCIALE 21 maggio 2001 n. 308: Requisiti minimi strutturali e organizzativi per l'autorizzazione all'esercizio dei servizi e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale, a norma dell'articolo 11 della legge 8 novembre 2000 n. 328

ACCOGLIERE PER EDUCARE. Quale responsabilità in vista della chiusura degli Istituti per minori e per una nuova politica di tutela dell’infanzia e dell’adolescenza (Compagnia delle Opere, Federazione dell'Impresa Sociale, Federazione Opere Accoglienza Minori)

Una famiglia in più…su cui contare. L'affidamento familiare aiuta i bambini in difficoltà a diventare grandi (opuscolo informativo dell'Anfaa sull'affidamento)

La nuova legge in materia di adozione e affidamento: una legge "dalla parte degli adulti" che dimentica i diritti dei bambini (Bollettino ANFAA 01/2001 - Gennaio / Marzo 2001)

Rinviare il superamento del ricovero in istituto? L’Anfaa propone in alternativa l’approvazione urgente di un PIANO STRAORDINARIO PER IL DIRITTO DI OGNI MINORE ALLA FAMIGLIA E PER IL SUPERAMENTO DEL RICOVERO IN ISTITUTO (Donata Nova Micucci, presidente Anfaa, Torino, 12 settembre 2006) 

L’ECCEZIONALE QUOTIDIANO. Rapporto sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia ( realizzato in forma di bozza dal Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza per conto dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia e del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, discusso e approvato dall’Osservatorio nazionale per l’infanzia il 14 marzo 2006)


 FINE FEBBRAIO 2019
Finalmente approvata la Commissione di Inchiesta Parlamentare, quanto tempo è servito per far luce su una vergogna nazionale trasformata anche dai politici in una eccellenza.
Che dire? Il tempo è tiranno ma aiuta, le persone umiliate devono aspettare, una indecenza del nostro agire politico dal locale al nazionale. 
la bellezza che ci salverà non sta nell'apparenza ma nella sostanza 
La forza di Sergio, di Donatella e di molti altre ed altri hanno sfondato porte chiuse con determinazione ed impegno sapendo che la Verità e la Dignità hanno bisogno di riconoscimenti, magari un po' più rapidi, in tempi umani non ere geologiche.
  La bellezza ci salverà solo se riusciremo ad affermare la dignità di uomini, donne e bambine e bambini
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Un apparente luogo idilliaco

IO CI METTO LA FACCIA STO CON LE VITTIME DEL FORTETO



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NOI CI METTIAMO LA FACCIA 

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