martedì 29 giugno 2021

Estate

 





Annaffio o no? Un dubbio amletico mi attanaglia

Estate, arriva tanto attesa e già infastidisce

Afa e caldo

Gente liberata dalle fastidiose mascherine vaga ovunque in cerca di quel divertimento che non sempre soddisfa

Il dovere di esserci e di farsi vedere pervade di bramosia gli animi

Dopo tanta chiusura il desiderio onirico di incontrarsi è devastante

Quel caro conforto  di passi lievi in solitudine per stradicciole e fronde un ricordo ambito che oggi appare un naufragio 

Troppo in solitudine per riemergere spavaldi e forti con pienezza di intenti

Me ne resto sola, isolata, in cerca di una immagine cara che distolga lo sguardo e accarezzi la mente, non facile da trovare

Intorno partenze frenetiche per il luglio in arrivo, valigie intrise di ambizioni e cariche di aspettative

Mentre il terrorismo su Delta ci trattiene da slanci liberatori verso luoghi lontani e persone vicine la normalità si affaccia nuovamente al giorno e poi lunghe notti da sonnamboli, sballi e tanta voglia di evasione

Guardando i miei fiori fiaccati  dalla calura e arsi dal sole mi domando annaffio o li lascio morire...




EUGENIO MONTALE 

Genova 12 ottobre 1896- Milano 12 settembre 1981


Da Ossi di Seppia, Ossi brevi

Meriggiare pallido e assorto

Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d’orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.

Nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano
a sommo di minuscole biche.

Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.

E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’e’ tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.

Il punto di vista:

osservare dal muro rovente di un orto il mare sotto il sole intriso di scaglie luccicanti come squame di pesce mentre il frinire delle cicale pervade l'aria nella calura. Fermarsi a  riflettere comprendendo con triste stupore l'amarezza della vita come il difficile cammino lungo una muraglia invalicabile poiché sovrastata da cocci aguzzi di bottiglia

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