giovedì 21 aprile 2022

Le donne e la guerra

 

Un bellissimo libro

Marta Sanz, Piccole donne rosse, SellerioTraduzione dallo spagnolo di Maria Nicola

Titolo originale: Pequeñas mujeres rojas

La letteratura come elemento di resistenza, come coscienza politica. Un grido contro la violenza inflitta a tutte le Piccole donne rosse che hanno pagato per la loro forza, la loro bellezza e la loro audacia.

«Marta Sanz è una delle voci più coraggiose della letteratura spagnola contemporanea». 
Manuel Rodríguez Rivero, BABELIA


La giovane Paula Quiñones arriva nel paese di Azafrán, nella meseta spagnola, come volontaria per la localizzazione delle fosse comuni in cui i franchisti seppellivano i fucilati della Guerra civile. Dare un nome ai desaparecidos, ricucire storie interrotte, questo il compito per cui è venuta: «per ricordare e per dimenticarsi», dice lei, perché anche una ferita d’amore, una tristezza dell’animo, l’ha portata in questa terra che si va spopolando. Alloggia in un vecchio albergo, di proprietà di una famiglia numerosa sovra-stata da Jesús, un patriarca centenario, assistito amorevolmente dalla nuora Analía che tiene con lui un’ininterrotta comunicazione segreta. Analía ha un figlio, David, uomo attraente che la-vora in città, con cui Paula stringe una relazione sessuale. Perché Paula è una bella ragazza, inoltre ha una caratteristica che forse la rende una perversa attrazione: «la bella zoppa» l’hanno subito chiamata i vecchi al bar. Ed è David che incomincia a parlarle della sua complicata famiglia: nonno Jesús, barbiere ambulante in origine, è diventato un ricchissimo proprietario; il padre di David, un rozzo violento, ha un fratello, delicato musicista, e un altro fratello, maggiore, con cui sono in perenne litigio; il vecchio Jesús aveva una moglie...


La guerra purtroppo troppo spesso incide pesantemente non solo sulla testa e sulla vita ma direttamente  sul corpo delle donne. 

Da leggere in questi quasi due mesi di guerra in cui stiamo assistendo ad un  martorio delle donne in ogni senso.

Mi torna in mente Mariute del 1918, film muto, commedia, drammatico, produzione bertini film per Caesar-Film, regia di Eduardo Bencivenga, con la Diva Francesca Bertini

Un film di evidente propaganda narrato tra realtà e finzione, racconta la giornata tipo di Francesca Bertini in contrasto con la storia drammatica di Mariute, una contadina friulana sola con tre bambini poiché il marito è partito per la guerra e si trova oltre il Piave. Un giorno, tre soldati austriaci, che stanno bivaccando, la violentano mentre sta tornando a casa. La donna viene vendicata dal suocero, che a colpi di fucile uccide ad uno ad uno gli stupratori. La donna subisce una dura violenza ma l’oltraggio prontamente annientato dal gesto di riscatto familiare. La vicenda, raccontata sul set da un attore reduce dal fronte, sconvolge l'attrice tanto da  farla calare con struggente e patriottica fede nei panni della madre violata.

 Mariute può essere considerato interessante non tanto per l’interpretazione  del personaggio quanto sul piano storico, come documento di una produzione che affronta il tema grammatico ancora oggi degli stupri di guerra.

Dal 1917, dopo Caporetto, si narravano storie di violenze ai civili e di aggressioni alle donne italiane nelle aree occupate. Infatti finita la guerra si apriranno  i lavori di una prima Commissione organizzata dall’Ufficio Tecnico di Propaganda Nazionale che pubblicherà  i risultati in un testo dal titolo “Il martirio delle terre invase”.  Dopo la conclusione dell’ inchiesta preliminare viene nominata una Reale Commissione d’Inchiesta  per raccogliere  le molte  testimonianze sulle aggressioni sessuali subite dalle donne italiane soprattutto finalizzata però a  sostenere la richiesta di danni dello Stato italiano alla Conferenza di Pace. Le violenze e gli stupri letti come dati statistici senza la volontà di approfondire la questione visto che era complesso per l’epoca ottenere  informazioni ed i fatti erano troppo spesso negati o custoditi segretamente dalle comunità dove si preferiva parlare di  distruzione, saccheggi, rapine. I segreti custoditi dal pudore e la vergogna delle stesse vittime, che non volevano compromettere le loro famiglie. Nel dopoguerra, accanto alla questione della ricostruzione nei territori che erano stati occupati, si presentò anche il problema dei bambini nati dalla violenza, i “figli della guerra”.

Oggi si parla di aborto e lo si nega alle donne vittima di stupro di guerra

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