27 Gennaio “GIORNATA
DELLA MEMORIA 2017”
Insieme per DIFENDERE GLI UOMINI NON LA RAZZA
Di
razza ce n’è una sola QUELLA UMANA
ieri |
Fase 1 Suggestione per riflettere
Se questo è un
uomo è un'opera
memorialistica di Primo Levi scritta
tra il dicembre 1945 ed il gennaio 1947.
Rappresenta la coinvolgente ma meditata testimonianza di quanto vissuto
dall'autore nel campo di
concentramento di Monowitz.
Levi sopravvisse infatti alla deportazione nel campo di Monowitz
(dal febbraio 1944 al gennaio 1945 ) lager satellite del complesso di Auschwitz
e sede dell'impianto Buna-Werke proprietà della I.G. Farben.
« Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango Che non conosce pace Che lotta per mezzo pane Che muore per un sì o per un no. » |
Sono questi
alcuni dei versi introduttivi del romanzo, ispirati all'antica preghiera dello Shemà, e ne spiegano il titolo.
La poesia Shemà di Primo
Levi è un breve testo in versi liberi che apre Se questo è un uomo , opera in
cui viene descritto l’internamento e la prigionia
Shemà è una
parola ebraica (שמע) che significa “ascolta”; essa
compare nell’espressione Shemà Israel (שמע ישראל, “Ascolta, Israele”) in una fondamentale
preghiera della liturgia, recitata durante le orazioni del mattino e
della sera 2. Levi
utilizza questa espressione in apertura del suo romanzo per rivolgere un
forte appello al suo lettore, affinché egli presti attenzione a ciò
che sta per leggere e fissi nella memoria la
testimonianza agghiacciante della Shoah. La poesia
riporta la data del 10 gennaio 1946, poco più di un anno dopo la liberazione
del campo di sterminio di Auschwitz del 27 gennaio 1945.
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un sì o per un no 4.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole 5.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa e andando per via,
coricandovi alzandovi;
ripetetele ai vostri figli 6.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i
vostri nati torcano il viso da voi 7.
Il tema fondamentale di Shemà è quello
dell’esigenza del ricordo; di fronte
all’immane tragedia di cui è stato protagonista, Levi infatti identifica nella memoria dell’orrore l’unico strumento per reagire al
dramma e per fare sì che questo non possa mai più ripetersi.
L’importanza di questo tema è tale da diventare un comandamento morale, cui nessuno di noi può sottrarsi; da qui deriva la perentorietà del tono del poeta, che si
traduce in uno stile secco ed asciutto.
Levi rinuncia infatti alla
cantabilità del verso o all’artificio della rima, facendo piuttosto risaltare
la forza delle immagini. L’appello ai lettori è mediato dalla serie di imperativi (v. 5: “considerate”;
v. 10 “Considerate”; v. 15 “Meditate”; v. 17: “Scolpitele”; v. 20: “ripetetele”) che danno alla poesia il tono di un comando
ineludibile. La chiusa della poesia (vv. 21-23) sottolinea ulteriormente la
necessità del ricordo e della testimonianza: chi non lo farà è
destinato, nell’augurio del poeta esplicitato dalla serie dei congiuntivi (“vi
si sfaccia la casa, | la malattia vi impedisca, | i vostri nati torcano il viso
da voi”), ad un doloroso contrappasso.
3 Voi: L’appello
al lettore è esplicito attraverso l’uso del pronome personale come prima parola del testo.
4 La
contrapposizione tra la vita “normale” e la follia del campo di concentramento è l’oggetto dei vv. 3-9: da un lato abbiamo la sicurezza
(“vivete sicuri”), gli affetti (“visi amici”), il nutrimento (“il cibo caldo”);
dall’altro le condizioni disumane (“che lavora nel fango | [...] | che muore
per un sì o per un no”) e la perenne lotta per il cibo e la sopravvivenza (“che
lotta per mezzo pane”). Proprio la
necessità di procurarsi cibo e
di sopravvivere alla logica disumana del campo - riassunta
nel motto Arbeit macht frei che compare
sopra il cancello di Auschwitz - sono i due temi che attraversano tutti i
capitoli del romanzo.
5 Questi due versi introducono la seconda
parte della poesia: l’autore chiama in causa il lettore e lo “obbliga”
alla funzione fondamentale del ricordo e
all’impossibilità di negare o disonoscere ciò che è successo nei campi
di concentramento nazisti.
6 ripetetele
ai vostri figli: secondo un tema costante in tutta la produzione di Levi, la
memoria e il ricordo, per quanto
deboli e fallaci, sono una risorsa insostituibile contro il rischio che tutto
quello che è successo sia dimenticato e quindi, tragicamente, si ripeta nel
corso della Storia.
7 Shemà si conclude
con una sorta di minaccia
profetica: chi non vorrà ricordare la tragedia della Shoah merita il
castigo divino evocato dal poeta.
E Oggi?
*Oggi purtroppo ancora guerre, prevaricazioni e disuguaglianze. Forte
immigrazione, molti profughi, in Italia i CIE, l’accoglienza, le morti e il
razzismo
È
il 1966 quando Francesco Guccini scrive Auschwitz, la canzone del bambino nel
vento. Cinquant’anni dopo Guccini, con i ragazzi della seconda media dell’Istituto
Salvo d’Acquisto di Gaggio Montano (Bologna) e con il vescovo, Matteo Zuppi, ha
potuto toccare con mano l’orrore del campo di sterminio che aveva descritto. Il
viaggio del cantautore è stato raccontato nel film "Son morto che ero
bambino" – Francesco Guccini va ad Auschwitz , presentato ieri a Roma alla
Camera dei deputati alla presenza della presidente Laura Boldrini e di Walter
Veltroni. Un film documentario che sarà
trasmesso in prima tv su Rai Storia il 27 gennaio, in occasione della Giornata
della Memoria.
Guccini,
è difficile descrivere un’esperienza come quella di Auschwitz. Lei come l’ha
vissuta?
«Sì
è difficile, ma da un lato potrebbe essere anche troppo facile perché c’è una
retorica che viene spontanea e che rende tutto più complicato. Io ho scritto
questa canzone leggendo un paio di libri, ma non ho potuto approfondire più di
tanto perché non c’erano tante testimonianze allora visto che i documentari
sono stati realizzati molto dopo. Sono arrivato ad Auschwitz in treno. È stato
un viaggio scomodissimo, però se il nostro è stato un viaggio scomodo, non oso
pensare a quello di chi veniva deportato».
Il
primo impatto con il campo qual è stato?
«Arrivi
e vedi Birkenau, questa landa agghiacciante che ti fa venire un senso di vuoto
allo stomaco. E poi Auschwitz, questo cancello con la scritta “Arbeit Macht
Frei” che uno immagina enorme e che invece è piccolissima. Quante riflessioni
puoi fare? Troppe».
È
vero che a ispirare il suo brano è stata la lettura di “Tu passerai per il
camino” di Vincenzo Pappalettera? «No, in gran parte sono stati gli scritti di Primo Levi e Il
flagello della svastica di Lord Russel».
Quando ha scritto Auschwitz aveva 24 anni e, paradossalmente, lo ha fatto senza esserci mai stato. Dopo il suo viaggio, c’è qualcosa che cambierebbe nella canzone?
Nei suoi concerti ha sempre detto che prima o poi avrebbe voluto smettere di cantare “Auschwitz”. Oggi la canterebbe ancora?
«Si,
perché i motivi per cui è stata scritta, purtroppo, non si sono esauriti».
Farei
riflettere i ragazzi su questa semplice frase.
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AUSCHWITZ - Francesco Guccin
i
i
Auschwitz (Canzone del bambino nel vento)
Son morto che ero bambino
son morto con altri cento
passato per il camino
ed ora sono nel vento.
son morto con altri cento
passato per il camino
ed ora sono nel vento.
Ad Auschwitz c’era la neve
e il fumo saliva lento
nel freddo giorno d’inverno
e adesso sono nel vento.
e il fumo saliva lento
nel freddo giorno d’inverno
e adesso sono nel vento.
Ad Auschwitz tante persone
ma un solo grande silenzio
è strano non ho imparato
a sorridere qui nel vento.
ma un solo grande silenzio
è strano non ho imparato
a sorridere qui nel vento.
Io chiedo come può un uomo
uccidere un suo fratello
eppure siamo a milioni
in polvere qui nel vento.
uccidere un suo fratello
eppure siamo a milioni
in polvere qui nel vento.
Ma ancora tuona il cannone
ancora non è contenta
di sangue la belva umana
e ancora ci porta il vento.
ancora non è contenta
di sangue la belva umana
e ancora ci porta il vento.
Io chiedo quando sarà
che l’uomo potrà imparare
a vivere senza ammazzare
e il vento mai si poserà.
che l’uomo potrà imparare
a vivere senza ammazzare
e il vento mai si poserà.
Ancora tuona il cannone
ancora non è contento
saremo sempre a milioni
in polvere qui nel vento.
ancora non è contento
saremo sempre a milioni
in polvere qui nel vento.
Fase 2 La sfida vera e propria
Nel primo gruppo ogni ragazzo legge un articolo
tratto dal "Manifesto della razza" del 1938
Nel secondo gruppo ogni ragazzo legge un articolo
tratto dal "Manifesto degli scienziati antirazzisti" del 2008
CONCLUSIONE Foglietti preparati da distribuire a tutti e raccogliere Io penso che...
Proposta di lettura “Il cielo sopra l'inferno” la drammatica storia vera di Ravensbruck, il
campo di concentramento nazista per sole donne di Sarah Helm.
Una semplice
RIVISTA, il potere dei media...
“La difesa della razza”, diretta da
Telesio Interlandi, vide il suo primo numero il 5 agosto 1938 e venne stampata,
con cadenza quindicinale, fino al 1943 dalla casa editrice Tumminelli di Roma.
La rivista appare sulla scena con un forte sostegno finanziario e politico,
accompagnata da una martellante campagna pubblicitaria. In particolare, il ministro dell'educazione Bottai, con
una circolare ministeriale del 6 agosto 1938 inviata a tutti i rettori delle
università e a tutti i direttori degli istituti scolastici superiori, invita in
modo assai energico a contribuire alla diffusione della rivista e all'assimilazione
dei suoi contenuti. Un fascicolo conservato nell'Archivio di Stato di Roma, ci
informa che la tiratura della rivista passò dalle 140-150.000 copie dei primi
numeri alle 19-20.000 copie del periodo luglio-novembre 1940 (delle quali circa
9000 distribuiti come omaggi o per abbonamenti). “La difesa della razza”
contribuì a creare (o a consolidare) un clima di intensa diffidenza e di
avversione nei confronti degli ebrei (ma anche degli africani, degli zingari,
dei meticci, dei malati di mente, di tutti coloro che venivano presentati come
una minaccia per la presunta purezza della razza italiana). I contenuti La
rivista svolge frequentemente tematiche antisemite, in genere con toni di
accesa violenza, proponendo una rappresentazione fortemente negativa dell’ebreo.
Gli articoli non aggiungevano molto ai pregiudizi già diffusi, limitandosi a
mettere insieme un'accozzaglia di imputazioni infamanti tratte dalla secolare
tradizione antigiudaica e antisemita (ad esempio l’“accusa del sangue”, secondo
la quale gli ebrei avrebbero praticato l’infanticidio rituale). “La difesa
della razza” si occupa inoltre delle colonie e svolge una propaganda razzista
nel segno dell'espansionismo, dell'esaltazione della guerra e delle virtù
guerriere della "superiore stirpe ariana" italiana, il tutto col
sostegno di argomentazioni pseudoscientifiche. L'obiettivo era di persuadere
gli italiani che il colonialismo, l'eugenetica, il divieto dei matrimoni misti,
il segregazionismo e le leggi razziali erano scelte politiche giuste e necessarie.
Le “leggi razziali”
nell’Italia fascista
IL DUCE- Il fascismo arrivò
al potere in Italia nel 1922, quando Benito
Mussolini diventò capo del governo e, in seguito, dittatore
Nell’Italia fascista, gli
ebrei (circa 47 mila, su una popolazione italiana totale di oltre
41 milioni di abitanti) vivevano integrati con il resto della popolazione: come
tra tutti gli italiani, anche tra gli ebrei c’erano i fascisti e gli
antifascisti, i più ricchi e i più poveri, i più istruiti e i meno istruiti. In
più va detto che la comunità ebraica italiana (quella di Roma in
particolare) era la più antica comunità ebraica d’Europa (presente nella
Penisola fin dal II secolo a.C.).
Negli anni ’30, il regime fascista cominciò a percorrere la strada
del razzismo: con la guerra d’Etiopia (1935-1936), quando cioè l’Italia aggredì e poi annesse il paese
dell’Africa Orientale, si sviluppò l’idea di evitare il “rischio” di una
popolazione di “meticci”, cioè di persone nate dall’unione tra italiani bianchi
e africani neri. In questo modo il fascismo produsse le prime norme di stampo
razzista, vietando il matrimonio tra
bianchi e neri.
In pochi mesi il razzismo
diventò anche antisemitismo (ostilità
contro gli ebrei), cioè quella forma
particolare di razzismo che era molto diffusa in Europa in quegli anni: nella
Russia zarista di inizio secolo, nella Germania nazista, nella Polonia della
dittatura militare e così via. Nei primi mesi del 1938 anche
in Italia ci fu una violenta campagna
antisemita, che portò il regime
fascista a promulgare, tra settembre e novembre, le “leggi razziali”,
cioè delle leggi in cui si diceva che gli italiani erano “ariani” e che gli ebrei non erano mai stati italiani.
A partire da quel momento,
gli ebrei italiani non potevano più lavorare nelle amministrazioni pubbliche,
insegnare o studiare nelle scuole e università italiane, far parte
dell’esercito, gestire alcune attività economiche e commerciali che il fascismo
giudicava “strategiche” per la nazione. Di anno in anno le misure contro gli
ebrei diventarono sempre più dure, fino al 1943, quando l’occupazione tedesca
dell’Italia del centro-nord diventò una tragedia anche per gli ebrei italiani,
molti dei quali finirono nei campi di concentramento e di sterminio.( Fossoli
in italia)
In quegli anni gli italiani si comportarono in maniera molto
diversificata nei confronti dei loro
connazionali di origine ebraica: in molti casi li aiutarono a sopravvivere e, al momento del bisogno, li nascosero e portarono in salvo; in altri casi, soprattutto nelle città più piccole,
ne approfittarono per ricavare dei vantaggi economici e li denunciarono alle autorità.
Agli
ebrei fu vietato tra l'altro: di essere portieri in case abitate da ariani,
esercitare il commercio ambulante, essere titolari di agenzie d'affari, di
brevetti e varie, il commercio dei preziosi, l'esercizio dell'arte fotografica,
di essere mediatori, piazzisti, commissionari, l'esercizio di tipografie, la
vendita di oggetti d'arte, il commercio dei
libri, la vendita di oggetti usati, la vendita di articoli per bambini,
la vendita di apparecchi radio, la vendita di carte da gioco, l'attività
commerciale ottica, il deposito e vendita di carburo di calcio, l'impiego
di gas tossici, essere titolari di esercizi pubblici di mescita di alcolici, la
raccolta di rottami metallici e di metalli, la raccolta di lana da materassi,
l'ammissione all'esportazione della canapa, l'ammissione all'esportazione di
prodotti ortofrutticoli, la vendita di oggetti sacri, la vendita di oggetti di
cartoleria, la raccolta di rifiuti, la raccolta e la vendita di indumenti
militari fuori uso, la gestione di scuole da ballo, di scuole di taglio,
l'esercizio del noleggio di film, la gestione di agenzie di viaggio e
turismo, di possedere la licenza per autoveicoli da piazza, la pubblicazione di
avvisi mortuari e di pubblicità, l'inserimento del proprio nome in annuari ed
elenchi telefonici, di essere affittacamere, di possedere concessioni di
riserve di caccia, di detenere apparecchi radio, di essere insegnanti privati, di accedere alle
biblioteche pubbliche, di far parte di associazioni culturali e sportive di
essere titolari di permessi per ricerche minerarie, di esplicare attività
doganali, di pilotare aerei di qualsiasi tipo, di allevare colombi viaggiatori, di
ottenere il porto d'armi, di fare la guida e l'interprete.
Le leggi razziali Il 14 luglio
1938, il Ministero della Cultura popolare emanava il Manifesto della Razza.
Poche settimane dopo, ad agosto, iniziò il censimento di 50mila ebrei residenti
in Italia. Vittorio Emanuele, il 7 settembre, emanò proprio dalla sua tenuta di
San Rossore, il decreto che espropriò gli ebrei della cittadinanza italiana
REGIO DECRETO -
LEGGE 15 novembre 1938 - XVII, n. 1779Integrazione e coordinamento in unico testo delle norme già emanate per la
difesa della razza nella Scuola Italiana VITTORIO EMANUELE III PER GRAZIA DI
DIO E PER LA VOLONTÀ DELLA NAZIONE RE D'ITALIA IMPERATORE D'ETIOPIA
Art.
1. A qualsiasi ufficio od impiego nelle scuole di ogni ordine e grado,
pubbliche e private, frequentate da alunni italiani, non possono essere ammesse
persone di razza ebraica [...]
Art.
2. Delle Accademie, degli Istituti e delle Associazioni di scienze, lettere ed
arti non possono far parte persone di razza ebraica.
Art.
3. Alle scuole di ogni ordine e grado, pubbliche o private, frequentate da
alunni italiani, non possono essere iscritti alunni di razza ebraica. è
tuttavia consentita l'iscrizione degli alunni di razza ebraica che professino
la religione cattolica nelle scuole elementari e medie dipendenti dalle
Autorità ecclesiastiche.
Art.
4. Nelle scuole d'istruzione media frequentate da alunni italiani è vietata l
adozione di libri di testo di autori di razza ebraica[...]
Art.
5. Per i fanciulli di razza ebraica sono istituite, a spese dello Stato,
speciali sezioni di scuola elementare nelle località in cui il numero di essi
non sia inferiore a dieci. Le comunità israelitiche possono aprire, con
l'autorizzazione del Ministro per l'educazione nazionale, scuole elementari con
effetti legali per fanciulli di razza ebraica, e mantenere quelle all'uopo
esistenti. [...]
Art.
6. Scuole d'istruzione media per alunni di razza ebraica potranno essere
istituiti dalle comunità israelitiche o da persone di razza ebraica. [...]
Art.
7. Per le persone di razza ebraica l'abilitazione a impartire l'insegnamento
medio riguarda esclusivamente gli alunni di razza ebraica.
Art.
8. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto il personale di razza
ebraica appartenente ai ruoli per gli uffici e gli impieghi di cui al
precedente art.1 è dispensato dal servizio, [...]. Dalla data di entrata in
vigore del presente decreto i liberi docenti di razza ebraica decadono
dall'abilitazione.
Art. 9
Per l'insegnamento nelle scuole elementari e medie per alunni di razza ebraica
saranno preferiti gl'insegnanti dispensati dal servizio a cui dal Ministro per
l'interno siano state riconosciute le benemerenze individuali o famigliari
previste dalle disposizioni generali per la difesa della razza italiana. Ai
fini del presente articolo sono equiparati al personale insegnante i presidi e
direttori delle scuole pubbliche e private e il personale di vigilanza nelle
scuole elementari.
Art.
10. [...]Art. 11. [...]Art. 12. I Regi decreti-legge 5 settembre 1938-XVI, n.
1390, e 23 settembre 1938-XVI, n.1630, sono abrogati. è altresì abrogata la
disposizione di cui all'art.3 del Regio decretolegge 20 giugno 1935-XIII,
n.1071.
Art.
13. [...]Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello
Stato, sia inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno
d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a
San Rossore, addì 15 novembre 1938 - XVII Vittorio Emanuele Mussolini, Bottai, Di Revel
Il "Manifesto della
razza" (1938)
(Da "La difesa della razza", direttore
Telesio Interlandi, anno I, numero 1, 5 agosto 1938, p. 2).
Il ministro segretario del partito ha ricevuto, il 26 luglio XVI, un
gruppo di studiosi fascisti, docenti nelle università italiane, che hanno,
sotto l’egida del Ministero della
Cultura Popolare, redatto o aderito, alle proposizioni che fissano le basi del
razzismo fascista.
1. Le razze umane esistono. La esistenza delle razze umane non è già una
astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a una realtà fenomenica,
materiale, percepibile con i nostri sensi. Questa realtà è rappresentata da
masse, quasi sempre imponenti di milioni di uomini simili per caratteri fisici
e psicologici che furono ereditati e che continuano ad ereditarsi.Dire che
esistono le razze umane non vuol dire a priori che esistono razze umane
superiori o inferiori, ma soltanto che esistono razze umane differenti.
2. Esistono grandi razze e piccole razze. Non bisogna soltanto ammettere che esistano i gruppi
sistematici maggiori, che comunemente sono chiamati razze e che sono
individualizzati solo da alcuni caratteri, ma bisogna anche ammettere che
esistano gruppi sistematici minori (come per es. i nordici, i mediterranei, i
dinarici, ecc.) individualizzati da un maggior numero di caratteri comuni.
Questi gruppi costituiscono dal punto di vista biologico le vere razze, la
esistenza delle quali è una verità evidente.
3. Il concetto di razza è concetto puramente biologico. Esso quindi è basato su altre considerazioni che non
i concetti di popolo e di nazione, fondati essenzialmente su considerazioni
storiche, linguistiche, religiose. Però alla base delle differenze di popolo e
di nazione stanno delle differenze di razza. Se gli Italiani sono differenti
dai Francesi, dai Tedeschi, dai Turchi, dai Greci, ecc., non è solo perché essi
hanno una lingua diversa e una storia diversa, ma perché la costituzione
razziale di questi popoli è diversa. Sono state proporzioni diverse di razze
differenti, che da tempo molto antico costituiscono i diversi popoli, sia che
una razza abbia il dominio assoluto sulle altre, sia che tutte risultino fuse
armonicamente, sia, infine, che persistano ancora inassimilate una alle altre
le diverse razze.
4. La popolazione dell'Italia attuale è nella maggioranza
di origine ariana e la sua civiltà ariana. Questa popolazione a civiltà ariana abita da diversi millenni la nostra
penisola; ben poco è rimasto della civiltà delle genti preariane. L'origine
degli Italiani attuali parte essenzialmente da elementi di quelle stesse razze
che costituiscono e costituirono il tessuto perennemente vivo dell'Europa.
5. È una leggenda
l'apporto di masse ingenti di uomini in tempi storici. Dopo l'invasione dei Longobardi non ci sono stati in
Italia altri notevoli movimenti di popoli capaci di influenzare la fisionomia
razziale della nazione. Da ciò deriva che, mentre per altre nazioni europee la
composizione razziale è variata notevolmente in tempi anche moderni, per
l'Italia, nelle sue grandi linee, la composizione razziale di oggi è la stessa
di quella che era mille anni fa: i quarantaquattro milioni d'Italiani di oggi
rimontano quindi nella assoluta maggioranza a famiglie che abitano l'Italia da
almeno un millennio.
6. Esiste ormai una pura "razza italiana". Questo enunciato non è basato sulla confusione del
concetto biologico di razza con il concetto storico-linguistico di popolo e di
nazione ma sulla purissima parentela di sangue che unisce gli Italiani di oggi
alle generazioni che da millenni popolano l'Italia. Questa antica purezza di
sangue è il più grande titolo di nobiltà della Nazione italiana.
7. È tempo che gli Italiani si proclamino francamente
razzisti. Tutta l'opera che finora
ha fatto il Regime in Italia è in fondo del razzismo. Frequentissimo è stato
sempre nei discorsi del Capo il richiamo ai concetti di razza. La questione del
razzismo in Italia deve essere trattata da un punto di vista puramente
biologico, senza intenzioni filosofiche o religiose. La concezione del razzismo
in Italia deve essere essenzialmente italiana e l'indirizzo ariano-nordico.
Questo non vuole dire però introdurre in Italia le teorie del razzismo tedesco
come sono o affermare che gli Italiani e gli Scandinavi sono la stessa cosa. Ma
vuole soltanto additare agli Italiani un modello fisico e soprattutto
psicologico di razza umana che per i suoi caratteri puramente europei si stacca
completamente da tutte le razze extra-europee, questo vuol dire elevare
l'Italiano ad un ideale di superiore coscienza di se stesso e di maggiore
responsabilità.
8. È necessario fare una netta distinzione fra i
Mediterranei d'Europa (Occidentali) da una parte gli Orientali e gli Africani
dall'altra. Sono perciò da
considerarsi pericolose le teorie che sostengono l'origine africana di alcuni
popoli europei e comprendono in una comune razza mediterranea anche le
popolazioni semitiche e camitiche stabilendo relazioni e simpatie ideologiche
assolutamente inammissibili.
9. Gli ebrei non appartengono alla razza italiana. Dei semiti che nel corso dei secoli sono approdati sul
sacro suolo della nostra Patria nulla in generale è rimasto. Anche
l'occupazione araba della Sicilia nulla ha lasciato all'infuori del ricordo di
qualche nome; e del resto il processo di assimilazione fu sempre rapidissimo in
Italia. Gli ebrei rappresentano l'unica popolazione che non si è mai assimilata
in Italia perché essa è costituita da elementi razziali non europei, diversi in
modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli Italiani.
10. I caratteri fisici e
psicologici puramente europei degli Italiani non devono essere alterati in
nessun modo. L'unione è ammissibile solo
nell'ambito delle razze europee, nel quale caso non si deve parlare di vero e
proprio ibridismo, dato che queste razze appartengono ad un ceppo comune e
differiscono solo per alcuni caratteri, mentre sono uguali per moltissimi
altri. Il carattere puramente europeo degli Italiani viene alterato
dall'incrocio con qualsiasi razza extra-europea e portatrice di una civiltà
diversa dalla millenaria civiltà degli ariani.
Manifesto degli scienziati antirazzisti (10/11 Luglio 2008, Tenuta di San Rossore, Pisa) Le razze umane non esistono
I. Le
razze umane non esistono. L’esistenza
delle razze umane è un’astrazione derivante da una cattiva interpretazione
di piccole differenze fisiche fra persone, percepite dai nostri
sensi, erroneamente associate a differenze “psicologiche” e interpretate
sulla base di pregiudizi secolari. Queste astratte suddivisioni, basate
sull’idea che gli umani formino gruppi biologicamente ed ereditariamente
ben distinti, sono pure invenzioni da sempre utilizzate per classificare
arbitrariamente uomini e donne in “migliori” e “peggiori” e quindi discriminare
questi ultimi (sempre i più deboli), dopo averli additati come la chiave
di tutti i mali nei momenti di crisi.
II. L’umanità, non é fatta di grandi e
piccole razze. È invece, prima di tutto,
una rete di persone collegate. È vero che gli esseri umani si aggregano in
gruppi d’individui, comunità locali, etnie, nazioni, civiltà; ma questo
non avviene in quanto hanno gli stessi geni ma perché condividono storie
di vita, ideali e religioni, costumi e comportamenti, arti e stili di
vita, ovvero culture. Le aggregazioni non sono mai rese stabili da
DNA identici; al contrario, sono soggette a profondi mutamenti storici: si
formano, si trasformano, si mescolano, si frammentano e dissolvono
con una rapidità incompatibile con i tempi richiesti da processi
di selezione genetica.
III. Nella specie umana il concetto di razza
non ha significato biologico. L’analisi
dei DNA umani ha dimostrato che la variabilità genetica nelle nostra
specie, oltre che minore di quella dei nostri “cugini” scimpanzé, gorilla
e orangutan, è rappresentata soprattutto da differenze fra persone della stessa
popolazione, mentre le differenze fra popolazioni e fra continenti diversi
sono piccole. I geni di due individui della stessa popolazione sono
in media solo leggermente più simili fra loro di quelli di persone
che vivono in continenti diversi. Proprio a causa di queste
differenze ridotte fra popolazioni, neanche gli scienziati razzisti sono
mai riusciti a definire di quante razze sia costituita la nostra specie,
e hanno prodotto stime oscillanti fra le due e le duecento razze.
IV. È ormai più che assodato il carattere
falso, costruito e pernicioso del mito nazista della identificazione con
la “razza ariana”, coincidente con l’immagine di un popolo bellicoso,
vincitore, “puro” e “nobile”, con buona
parte dell’Europa, dell’India e dell’Asia centrale come patria, e una lingua in
teoria alla base delle lingue indo-europee. Sotto il profilo storico
risulta estremamente difficile identificare gli Arii o Ariani come un
popolo, e la nozione di famiglia linguistica indo-europea deriva da una
classificazione convenzionale. I dati archeologici moderni indicano, al
contrario, che l’Europa è stata popolata nel Paleolitico da una
popolazione di origine africana da cui tutti discendiamo, a cui nel
Neolitico si sono sovrapposti altri immigranti provenienti dal Vicino Oriente.
L’origine degli Italiani attuali risale agli stessi immigrati africani e
mediorientali che costituiscono tuttora il tessuto perennemente vivo
dell’Europa. Nonostante la drammatica originalità del razzismo fascista, si
deve all’alleato nazista l’identificazione anche degli italiani con gli
“ariani”.
V. È una leggenda che i sessanta milioni di
italiani di oggi discendano da famiglie che abitano l’Italia da almeno
un millennio. Gli stessi Romani hanno
costruito il loro impero inglobando persone di diverse provenienze e dando loro
lo status di cives romani. I fenomeni di meticciamento culturale e
sociale, che hanno caratterizzato l’intera storia della penisola, e a
cui hanno partecipato non solo le popolazioni locali, ma anche
greci, fenici, ebrei, africani, ispanici, oltre ai cosiddetti ”barbari”,
hanno prodotto l’ibrido che chiamiamo cultura italiana. Per secoli gli
italiani, anche se dispersi nel mondo e divisi in Italia in piccoli Stati,
hanno continuato a identificarsi e ad essere identificati con questa
cultura complessa e variegata, umanistica e scientifica.
VI. Non esiste una razza italiana ma esiste
un popolo italiano. L’Italia come
Nazione si é unificata solo nel 1860 e ancora adesso diversi milioni di
italiani, in passato emigrati e spesso concentrati in città e quartieri
stranieri, si dicono e sono tali. Una delle nostre maggiori ricchezze, é
quella di avere mescolato tanti popoli e avere scambiato con loro culture
proprio “incrociandoci” fisicamente e culturalmente. Attribuire ad una
inesistente “purezza del sangue” la “nobiltà” della “Nazione”
significa ridurre alla omogeneità di una supposta componente
biologica e agli abitanti dell’attuale territorio italiano, un patrimonio
millenario ed esteso di culture.
VII. Il razzismo é contemporaneamente omicida
e suicida. Gli Imperi sono
diventati tali grazie alla convivenza di popoli e culture diverse, ma sono
improvvisamente collassati quando si sono frammentati. Così é avvenuto e
avviene nelle Nazioni con le guerre civili e quando, per arginare crisi le
minoranze sono state prese come capri espiatori. Il razzismo é suicida
perché non colpisce solo gli appartenenti a popoli diversi ma gli stessi
che lo praticano. La tendenza all’odio indiscriminato che lo alimenta,
si estende per contagio ideale ad ogni alterità esterna o estranea
rispetto ad una definizione sempre più ristretta della
“normalità”. Colpisce quelli che stanno “fuori dalle righe”, i “folli”, i
“poveri di spirito”, i gay e le lesbiche, i poeti, gli artisti, gli
scrittori alternativi, tutti coloro che non sono omologabili a tipologie umane
standard e che in realtà permettono all’umanità di cambiare continuamente
e quindi di vivere. Qualsiasi sistema vivente resta tale, infatti, solo se
é capace di cambiarsi e noi esseri umani cambiamo sempre meno con i geni e
sempre più con le invenzioni dei nostri “benevolmente disordinati”
cervelli.
VIII. Il razzismo discrimina, nega i
collegamenti, intravede minacce nei pensieri e nei comportamenti diversi. Per i difensori della razza italiana l’Africa
appare come una paurosa minaccia e il Mediterraneo è il mare che nello
stesso tempo separa e unisce. Per questo i razzisti sostengono che non esiste
una “comune razza mediterranea”. Per spingere più indietro l’Africa gli
scienziati razzisti erigono una barriera contro “semiti” e “camiti”, con cui
più facilmente si può entrare in contatto. La scienza ha chiarito che non
esiste una chiara distinzione genetica fra i Mediterranei d’Europa
(Occidentali) da una parte gli Orientali e gli Africani dall’altra. Sono
state assolutamente dimostrate, dal punto di vista paleontologico e da
quello genetico, le teorie che sostengono l’origine africana dei popoli
della terra e li comprendono tutti in un’unica razza.
IX. Gli ebrei italiani sono contemporaneamente
ebrei ed italiani. Gli ebrei, come tutti i
popoli migranti ( nessuno é migrante per libera scelta ma molti lo sono
per necessità) sono sparsi per il Mondo ed hanno fatto parte di diverse
culture pur mantenendo contemporaneamente una loro identità di popolo e di
religione. Così é successo ad esempio con gli Armeni, con gli stessi
italiani emigranti e così sta succedendo con i migranti di ora: africani,
filippini, cinesi, arabi dei diversi Paesi, popoli appartenenti
all’Est europeo o al Sud America ecc. Tutti questi popoli hanno
avuto la dolorosa necessità di dover migrare ma anche la fortuna,
nei casi migliori, di arricchirsi unendo la loro cultura a quella
degli ospitanti, arricchendo anche loro, senza annullare, quando é stato
possibile, né l’una né l’altra.
X. L’ideologia razzista é basata sul timore
della “alterazione” della propria razza eppure essere “bastardi” fa bene. È quindi del tutto cieca rispetto al fatto che
molte società riconoscono che sposarsi fuori, perfino con i propri nemici, è
bene, perché sanno che le alleanze sono molto più preziose delle
barriere. Del resto negli umani i caratteri fisici alterano più per
effetto delle condizioni di vita che per selezione e i caratteri
psicologici degli individui e dei popoli non stanno scritti nei loro geni.
Il “meticciamento” culturale é la base fondante della speranza
di progresso che deriva dalla costituzione della Unione
Europea. Un’Italia razzista che si frammentasse in “etnie” separate
come la ex-Jugoslavia sarebbe devastata e devastante ora e per il futuro.
Le conseguenze del razzismo sono infatti epocali: significano perdita di
cultura e di plasticità, omicidio e suicidio, frammentazione e implosione non
controllabili perché originate dalla ripulsa indiscriminata per chiunque consideriamo
“altro da noi”.
Enrico
Alleva, Docente di Etologia, Istituto Superiore di Sanità, Roma
Guido
Barbujani, Docente di Genetica di popolazioni, Università Ferrara
Marcello
Buiatti, Docente di Genetica, Università di Firenze
Laura dalla
Ragione, Psichiatra e psicoterapeuta, Perugia
Elena
Gagliasso, Docente di Filosofia e Scienze del vivente, Università La
Sapienza, Roma
Rita Levi
Montalcini, Neurobiologa, Premio Nobel per la Medicina [...]
Fase 3 Letture
a gruppi e confronto
·
2 semicerchi opposti, breve
introduzione di alcuni ragazzi ( letture) Riflessioni su cronaca: storie
di oggi: guerre disuguaglianze, migrazioni, i CIE
Cosa
sono i C.I.E. (Centri di Identificazione ed Espulsione)
Istituiti nel 1998 dalla legge
sull’immigrazione Turco Napolitano (art. 12 della legge 40/1998), i Centri di
Permanenza Temporanea, oggi denominati CIE (Centri di identificazione ed
espulsione) sono strutture detentive dove vengono reclusi i cittadini stranieri
sprovvisti di regolare titolo di soggiorno. In base all’art. 14 del T.U.
286/1998, come successivamente modificato dalla legge Bossi Fini (L 189/2002),
dal Pacchetto Sicurezza (L 94/2009) e dal decreto di recepimento della
Direttiva Rimpatri (L 129/2011), il trattenimento nei CIE viene disposto dal
Questore per un tempo di 30 giorni, prorogabile per un massimo totale di 18
mesi "quando non sia possibile eseguire con immediatezza l’espulsione
mediante accompagnamento alla frontiera o il respingimento, a causa di
situazioni transitorie che ostacolano la preparazione del rimpatrio o
l’effettuazione dell’allontanamento...".Nonostante i cittadini stranieri
si trovino all’interno dei CIE con lo status di trattenuti o ospiti, la loro
permanenza nella struttura corrisponde di fatto ad una detenzione, in quanto
sono privati della libertà personale e sono sottoposti ad un regime di
coercizione che, tra le altre cose, impedisce loro di ricevere visite e di far
valere il fondamentale diritto alla difesa legale.
I CIE inaugurano in Italia lo
stato della detenzione amministrativa, sottoponendo a regime di privazione
della libertà personale individui che hanno violato una disposizione
amministrativa, come quella del necessario possesso di permesso di soggiorno.Il
funzionamento dei CIE è di competenza del Prefetto, che affida i servizi di
gestione della struttura a soggetti privati, responsabili del rapporto con i
detenuti e del funzionamento materiale del centro. Le forze dell’ordine
presidiano lo spazio esterno delle strutture e possono entrare nelle zone dove
vivono i detenuti solo su richiesta degli enti gestori in casi eccezionali e di
emergenza anche se di fatto questo si verifica quotidianamente.Ma i CIE in
Italia non sono gli unici luoghi di confinamento dei migranti. CARA, CPA, CPSA,
i nuovi Hotspot e gli Hub regionali disegnano una mappa più articolata
di luoghi di approdo ed attesa.Secondo il Ministero dell’Interno a fine di luglio
2015 le strutture esistenti nella penisola, a cui vanno aggiunte le
strutture temporaneamente adibite all’accoglienza o al trattenimento
Considerate se questo è un uomo…
In sintesi, per concludere:
Che cos'è il razzismo?
Il razzismo è il comportamento di chi manifesta
diffidenza o disprezzo per persone che hanno caratteristiche fisiche e
culturali diverse dalle sue.
Un bambino non nasce razzista. Diventa razzista se
viene educato da persone
razziste.
Il razzista non accetta una persona 'diversa'; pensa
che tutto ciò che è troppo
differente da lui lo minaccia nella sua
tranquillità.
L’essere umano ha bisogno di sentirsi rassicurato,
non gli piace chi turba le sue
certezze. Il razzista ha paura dello straniero,
soprattutto se è più povero. Infatti, se un
emiro del Golfo viene a passare le sue vacanze in
Costa Esmeralda è accolto a braccia
aperte, perché non è l’arabo che si riceve, ma il
ricco che è venuto a spendere soldi.
All’uomo piace possedere la sua casa, la terra, i
suoi beni e si batte per conservarli:
questo non è razzismo.
Il razzista pensa che lo straniero gli voglia
portare via le sue cose, allora ne diffida,
senza riflettere e lo scaccia perché ne prova
disgusto. Lo scaccia anche se non è
minacciato
Poi cerca di giustificare la sua azione, servendosi
della scienza: fa credere che
E così si sente in diritto di poterlo dominare.
E partendo dalla
discriminazione e dalla negazione di diritto si può arrivare allo
schiavismo ed al
genocidio.
Nel ventesimo
secolo il razzismo di stato, in particolare quello nazista, condusse a
una delle più
grandi tragedie dell'umanità, l'Olocausto.
[Genocidio,
uccisione di popoli, fatto dalla Germania nazista e dai suoi alleati nei
confronti degli
ebrei d'Europa e, per estensione, sterminio nazista verso tutte le
categorie ritenute
"indesiderabili", che causa circa milioni di morti in pochi anni, tra
cui 6 milioni di
ebrei, di entrambi i sessi e di tutte le età]
Anche l'Italia
fascista ha contribuito a questa vergogna.
Il razzismo fascista
Il fascismo arriva al potere in Italia nel 1922, quando Benito Mussolini
diventa capo
del governo e, in seguito, dittatore (“Duce”).
Negli anni ’30, il regime fascista comincia a percorrere la strada del
razzismo: con la
guerra d’Etiopia (1935-1936), quando cioè l’Italia aggredisce e poi annette
il paese
dell’Africa Orientale, si sviluppa l’idea di evitare il “rischio” di una
popolazione di
“meticci”, cioè di persone nate dall’unione tra italiani bianchi e africani
neri. In
questo modo il fascismo produce le prime norme di stampo razzista, vietando
il
matrimonio tra bianchi e neri.
In pochi mesi il razzismo diviene anche antisemitismo (ostilità contro gli
ebrei), cioè
quella forma particolare di razzismo che era molto diffusa in Europa in
quegli anni:
nella Russia zarista di inizio secolo, nella Germania nazista e così via.
Nel 1938
anche in Italia c'è una violenta campagna antisemita, che porta il regime
fascista a
promulgare le “leggi razziali”, cioè delle leggi in cui si diceva che gli
italiani sono
“ariani” e che gli ebrei non sono mai stati italiani.
A partire da quel momento, gli ebrei italiani non possono più lavorare
nelle
amministrazioni pubbliche, insegnare o studiare nelle scuole e università
italiane, far
parte dell’esercito, gestire alcune attività economiche e commerciali che
il fascismo
giudica “strategiche” per la nazione. Di anno in anno le misure contro gli
ebrei
diventano sempre più dure, fino al 1943, quando l’occupazione tedesca
dell’Italia del
centro-nord diventa una tragedia anche per gli ebrei italiani, molti dei
quali finiscono
nei campi di concentramento e di sterminio.
Oggi si ricorda L'OLOCAUSTO
Hitler con Mussolini -1937 I
nazisti deportano gli ebrei dal ghetto di Varsavia -1943
Nei campi di concentramento e sterminio gli internati sono costretti ai
lavori forzati, sottoposti a violenze e torture, uccisi nelle camere a gas e
bruciati nei forni crematori.
Il campo di sterminio di Auschwitz, in
Polonia, è liberato dall'Armata Rossa il 27 gennaio 1945.
Durante l'Olocausto, dal 1933 (quando
Hitler arriva al potere) al 1945 (fine della seconda guerra mondiale) sono
stati assassinati dai nazisti 6 milioni di ebrei e più di 5 milioni di altri
civili (fra i quali oppositori politici, zingari, omosessuali, malati di mente,
mendicanti)
DIRITTI DI
UGUAGLIANZA
Al mondo d'oggi, grazie
all'impegno, al sacrificio ed alla lotta di
tanti, in particolare contro il
nazismo ed il fascismo, sono stati
conquistati questi diritti per
tutti.
Costituzione della Repubblica
Italiana (1.1.1948)
Articolo 3 Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali
davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di
religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e
sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini,
impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione
di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del
Paese.
Dichiarazione Universale dei
diritti dell'uomo (ONU 10.12.1948)
Articolo 1 Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e
diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni
verso gli altri in spirito di fratellanza.
Articolo 2 Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà
enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni
di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o
di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di
altra condizione. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello
statuto politico, giuridico o internazionale del paese o del territorio cui una
persona appartiene, sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione
fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità.
Carta dei Diritti Fondamentali
dell'Unione Europea (7.12.2000)
Articolo 20- Uguaglianza davanti alla legge
Tutte le persone sono uguali davanti alla legge.
Articolo 21- Non discriminazione
1. E' vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare,
sul sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le
caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali,
le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una
minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l'età o le
tendenze sessuali.
2. Nell'ambito d'applicazione del trattato che istituisce la Comunità
europea e del trattato
sull'Unione europea. E' vietata qualsiasi discriminazione fondata sulla
cittadinanza, fatte salve le disposizioni particolari contenute nei trattati
stessi.
oggi |
Ed ancora possiamo dire … Considerate se
questo è un uomo…
Grazie sempre a voi
ragazzi, attenti e critici se motivati
MAI più |
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