venerdì 2 maggio 2014

Provocazioni e vocazioni


LA SCUOLA ITALIANA IN GENERE FUNZIONA BENISSIMO PER CHI NON NE HA BISOGNO ( Scuola:il pianeta del disagio di Ugo Avalle, pedagogista)
Il pedagogista Bruno Ciari definì la scuola  degli anni settanta ( ma non molto è cambiato soprattutto nelle superiori), LA GRANDE DISADATTATA, “ovvero una scuola che non “vive”  e che viene messa in condizione di “non vivere” un’esperienza positiva tale da permetterle di esprimere a pieno le proprie potenzialità al fine di essere un autentico AMBIENTE DI APPRENDIMENTO”
(in genere solo coloro che sono dotati di un apparato strumentale che permetta loro di selezionare, interpretare, rielaborare personalmente, tradurre in apprendimenti concreti possono giovarsi di un sistema di istruzione che pecca di immobilismo )
Mancini e Gabrielli  1998, definiscono il disagio come uno stato EMOTIVO non correlato significativamente a disturbi di vario tipo che si manifesta attraverso un insieme di comportamenti disfunzionali ( scarsa partecipazione, disattenzione, rifiuto e/o disturbo, cattivo rapporto con compagni e/docenti, assenza di spirito critico costruttivo che non permettono al soggretto di vivere adeguatamente le attività di classe, di apprendere con successo utilizzando il massimo delle proprie capacità cognitive, affettive e relazionali
 ( quali le cause della  reale situazione di  DISAGIO,… non facili da individuare )…
Intorno alla frustrazione e all’abbandono…
Molti docenti sono convinti che la conoscenza si acquisisca mediante un immediato rapporto di causa-effetto, perciò reputa sufficiente SPIEGARE o FARE UNA BELLA LEZIONE su…( per ottenere risultati: docente spiega = alunno comprende; se non comprende nuova spiegazione con simili modalità, vedi la dannazione dei corsi di recupero)
Purtroppo questo meccanismo funziona con individui culturalmente attrezzati ma non con chi va a scuola per imparare.
L’apprendimento non è così lineare, è fatto di sbalzi in avanti e indietro , le vie per apprendere sono plurime.

Ognuno ricerca la propria e la trova più facilmente se il docente pratica una didattica contestualizzata, attenta alla metacognizione, all’operatività, alla cooperazione, orientando ogni alunno a riattraversare quanto fatto in territori conoscitivi diversi in modo da intravedere in ogni “rivisitazione” qualche cosa precedentemente non visto  

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