LA SCUOLA ITALIANA IN GENERE FUNZIONA
BENISSIMO PER CHI NON NE HA BISOGNO ( Scuola:il pianeta del disagio di Ugo
Avalle, pedagogista)
Il pedagogista Bruno Ciari definì la
scuola degli anni settanta ( ma non molto
è cambiato soprattutto nelle superiori), LA GRANDE DISADATTATA, “ovvero una
scuola che non “vive” e che viene messa
in condizione di “non vivere” un’esperienza positiva tale da permetterle di
esprimere a pieno le proprie potenzialità al fine di essere un autentico
AMBIENTE DI APPRENDIMENTO”
(in genere solo coloro che sono dotati di
un apparato strumentale che permetta loro di selezionare, interpretare,
rielaborare personalmente, tradurre in apprendimenti concreti possono giovarsi
di un sistema di istruzione che pecca di immobilismo )
Mancini e Gabrielli 1998, definiscono il disagio come uno stato
EMOTIVO non correlato significativamente a disturbi di vario tipo che si
manifesta attraverso un insieme di comportamenti disfunzionali ( scarsa
partecipazione, disattenzione, rifiuto e/o disturbo, cattivo rapporto con
compagni e/docenti, assenza di spirito critico costruttivo che non permettono
al soggretto di vivere adeguatamente le attività di classe, di apprendere con
successo utilizzando il massimo delle proprie capacità cognitive, affettive e
relazionali
(
quali le cause della reale situazione
di DISAGIO,… non facili da individuare )…
Intorno alla frustrazione e all’abbandono…
Molti docenti sono convinti che la
conoscenza si acquisisca mediante un immediato rapporto di causa-effetto,
perciò reputa sufficiente SPIEGARE o FARE UNA BELLA LEZIONE su…( per ottenere
risultati: docente spiega = alunno comprende; se non comprende nuova spiegazione
con simili modalità, vedi la dannazione dei corsi di recupero)
Purtroppo questo meccanismo funziona con individui
culturalmente attrezzati ma non con chi va a scuola per imparare.
L’apprendimento non è così lineare, è
fatto di sbalzi in avanti e indietro , le vie per apprendere sono plurime.
Ognuno ricerca la propria e la trova più facilmente se il docente pratica una didattica contestualizzata, attenta alla metacognizione, all’operatività, alla cooperazione, orientando ogni alunno a riattraversare quanto fatto in territori conoscitivi diversi in modo da intravedere in ogni “rivisitazione” qualche cosa precedentemente non visto
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