mercoledì 2 luglio 2014

Cosa bolle in pentola

Leggo da La Repubblica, 2 luglio, un anticipo di riforma proposta dal ministro Giannini,  mentre già si respirava nell'aria un probabile cambiamento.
In una stasi senza fine dare il benvenuto al cambiamento è doveroso ma bisogna puntualizzare forse qualche aspetto già prima della messa in atto: Formazione, impegni, merito, contratto/orario; molte, forse troppe proposte rivoluzionarie in un sol colpo.
Iniziamo dalla formazione appunto.
Da tanti anni il CIDI stesso propone una Formazione obbligatoria e di qualità per tutti i docenti, non è poi così semplice perché le domande che sorgono spontanee sono: che tipo di formazione, verso quali obiettivi direzionali deve andare la scuola, quali competenze relazionali, che tipo di didattica professionalizzante, a quale livello, con quale scopo? I governanti di questo bel  Paese  "hanno sempre trattato la scuola pubblica proprio come un rubinetto per distribuire piccole rendite ai propri clientes" nominandoli  prima insegnanti  con concorsi discutibili e sanatorie varie, poi lasciati morire in solitudine e spesso incapacità, senza alcun  supporto  per riflettere sulla propria professionalità e cassetta degli attrezza  da mettere finalmente in gioco.
"L’università pubblica italiana, quindi, si è assunta, con dubbia legittimità costituzionale, il compito di scambiare la selezione e la formazione a pagamento dei futuri insegnanti con la possibilità di entrare in un ruolo della scuola altrettanto pubblica. E in cosa consiste allora tale formazione? Consiste in sostanza di tre ambiti, la didattica disciplinare, la formazione pedagogica e il tirocinio.
Le ore di didattica disciplinare sono gestite, sotto gli occhi di tutti, dai medesimi professori universitari già responsabili delle spesso problematiche lauree specialistiche, come se, per astratte vie, il disciplinarista si trasformasse in un didatta della disciplina, figura professionale che invece non può che svilupparsi all’ incrocio del sapere con il fare e il pensare nelle aule di scuola. Alle ore suddette si aggiungono quindi le altre ore affidate ai pedagogisti e alle molte pagine dei manuali di pedagogia, come se un aspirante insegnante, immerso a capofitto in letture e discorsi di pedagogia, potesse sviluppare una qualsivoglia capacità pedagogica. Quale maestro non sa che invece essa è una faticosa disposizione dell’essere di un insegnante che si sedimenta nell' incessante ripensamento tra lo studio, l’osservazione e l’interazione nelle classi, e la discussione appassionata delle situazioni in cui si trova coinvolto. 
A tutto ciò si devono finalmente aggiungere molte ore di tirocinio nelle scuole, affidate a insegnanti di ruolo, ma spesso scelti per necessità in maniera sostanzialmente casuale. E inoltre, poiché i decreti istitutivi di tali tirocini sono per lo più tardivi e non esaustivi, tale periodo diventa una successione di ore freneticamente affastellate, conclusa dall’elaborazione di una tesi di tirocinio guidata da un supervisore, che questa volta è un insegnante effettivamente selezionato, ma che in realtà è costretto a svolgere il suo compito in tempi del tutto inadeguati e a partire dalle improbabili esperienze didattiche e pedagogiche svolte dai tirocinanti nelle classi." 
 
Interessante riflessione sulla formazione degli Insegnanti, pubblicata su Insegnare on line, di Rosy Gambatesa della segreteria del CIDI di Bari.
( La farsa delle commissioni di valutazione  narra di questo dolente cammino)
Questo appare, ad oggi, lo scenario del reclutamento e della FORMAZIONE, ma la scuola non è tutta e solo qui, tanto cammino molti docenti hanno intrapreso con l'energia della solitudine e la determinazione data dall'amore per la propria professione, capacità acquisite con fatica e risorse personali, valutazioni di percorso confrontate nei grigi corridoi con colleghi amici di lotta e di iniziative, quotidianità tristi rese brillanti solo dal proprio entusiasmo. Quanta professionalità si vede  nelle spesso tristi ed affollate aule, quanta voglia e capacità di fare e di proporre, creatività sostitutiva di preparazione, arte di arrangiarsi contro limiti indotti da ristrettezze economiche sempre in avanzamento, quanta voglia di respirare aria nuova ricercando a caro prezzo e fatica stimoli e risorse in diversificate offerte formative non sempre di qualità. Vivere le classi con entusiasmo e capacità si può, ma non si deve, appare non sempre un merito, non sempre una verace risorsa; non possiamo meravigliarsi di questo visto il clima che si respira indotto da scelte politiche degli ultimi anni  che hanno abbassato il livello culturale-etico dei nostri giovani e non solo.   Sul merito non ho idee chiare, resta comunque che non si parla di merito solo e soprattutto scomodando l'aspetto più eclatante, ore per mandare avanti la baracca, sostituzione docenti, da intendersi supplenze, la connotazione didattica del proprio lavoro potrebbe comportare accesso al merito, la valutazione del docente e dell'istituto, ma su quali parametri ? Chi si fa promotore di  innovazione dovrebbe avere  diritto a leciti compensi, attualmente non è così.
 Ancora il buio anche se già è importante che se ne parli.
Contratto, aspettiamo nuove novelle per riparlarne, contratto unico o ancora tre- quattro contratti diversi nonostante la laurea  obbligatoria e l'istituzione dei tanto osannati Comprensivi?
Orario, da anni si sente questa voce, legittima, vissuta dagli insegnanti come una mannaia in arrivo, (chi può scappi arriva la punizione divina, dopo tanto permissivismo i tempi d'oro sono finiti) ma indispensabile per dare credibilità ad un lavoro che nel tempo ha perso dignità ( ed invece c'è dignità da vendere e da ritrovare), per dare una collocazione sociale di prestigio come merita il docente, prezioso demiurgo socialmente utile. 
Idea intelligente e grandiosa, più orario per tutti e scuole aperte fino alle 22,00, ma appare una sfida altamente complessa, entrano in ballo diritti, sicurezza,  recupero personale ATA dopo strategici tagli, manutenzione, investimenti per creare spazi e strutture adeguati per l'accoglienza di studenti e docenti, un'assunzione di responsabilità collettiva alta che prevede  investimenti ingenti e non i tagli che fino ad oggi hanno connotato il disimpegno politico verso la scuola. 
URGE UN PROGRAMMA SERIO per il rilancio realistico del sistema formativo ma qualunque passo, seppur modesto, apparirà migliore dell'attuale INGESSATURA. 


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