lunedì 23 giugno 2014

Un esame inutile e complesso

Giugno 2014
i soliti esami, si conclude un segmento se ne apre un altro,in barba alla tanto sbandierata continuità,  resta l'obbligo a 16 anni ma si presenta, non immutato ma sempre più complesso, l'esame di uscita dal primo ciclo che vorrebbe essere ambizioso e selettivo. 
Nulla di personale contro gli esami ma il controsenso appare immediato....( continuo più tardi perché ho esami, sic)
Riprendo dopo pausa riflessiva
OK, stiamo parlando dell'esame di Stato del primo ciclo, i numeri veramente IMPORTANTI, circa ottomila scuole coinvolte,  600000 candidati, migliaia di insegnanti impegnati con presidenti esterni ( tanto burocratico lavoro, senza retribuzione). Un  vero colosso con i piedi di argilla di cui non si parla molto, giustamente, visto che non rappresenta una sfida terminale ma la prosecuzione di un percorso dell’obbligo. L’esame è divenuto inspiegabilmente negli anni  sempre più difficile, sono previste ben sei prove: italiano, matematica e tecnica, inglese, seconda lingua comunitaria e la tanto discussa  prova nazionale Invalsi che si compone di una parte di comprensione dei testi, lessico e grammatica per Italiano e di una parte di quesiti logico-matematici per la matematica appunto,  più di quelle della maturità, quindi,  ed un orale conclusivo pluridisciplinare su cui è meglio non soffermarsi troppo, meglio stendere un velo pietoso. Gli alunni definiti CANDIDATI, con rigorosa ufficialità, vengono esaminati e valutati  dai loro docenti del consiglio di classe con cui hanno in genere trascorso un significativo, almeno ci auguriamo, triennio, che appartengono ad una sottocommissione (dicesi sottocommissione la componente docenti di una sessione, COMMISSIONE l’insieme dei consigli di classi terze di una scuola; si scomoda un preside, o chi per lui, esterno come Presidente che,  nel rispetto delle normative, supervisiona e vidima gli atti d’esame con una caterva di timbri e firme da brivido, posto a garantire l'imparzialità ed il rigore durante le prove. Un imponente apparato quindi, una macchinosa commedia  che  prevede una rigorosa valutazione finale. Il voto espresso in decimi è infatti ricavato dalla media tra il voto di ammissione ed i voti delle singole prove, se ne deduce che il famoso CANDIDATO si giocherà la sfida prevalentemente durante l’esame stesso più che nell' andamento dei tre anni di scuola secondaria di primo grado, con tutto quello che può comportare. Le competenze acquisite dagli alunni nel triennio sono rappresentate da voti in decimi e da certificazione di competenze messi quindi in discussione dalle stesse prove d’esame che non sempre li confermano. 


 Che dire poi della valutazione soggettiva delle prove d’esame che permette ai docenti di "
aggiustare" il voto riportato nelle prove scritte eccetto  nella prova INVALSI in base al voto previsto o programmato per l’uscita del candidato?Vogliamo poi discutere dei voti alzati per l'ammissione con l'intento di ammortizzare alcuni insuccessi, si legga prova nazionale, Un meccanismo quindi apparentemente rigido e rigoroso ma in pratica  con previsione di grande flessibilità. Mi chiedo quindi se non sia il caso di rivedere non solo i cicli lasciati in sospeso e ad oggi privi di senso logico ma l’esame stesso che dicesi conclusivo di un percorso, ma conclusivo non è poiché i due anni che seguono fanno parte dell'obbligo scolastico garantito per legge  ( se l’alunno non ha già ripetuto due anni, nel qual caso potrà evitare il faticoso accesso alla scuola ancora oggi definita superiore, non si interfaccerà con  essa e sarà privato di un grande stimolo in un momento di crescita in cui i cambiamenti possono provocare MUTAMENTI)
Parleremo in un’altra occasione di confronto della prova nazionale che a mio parere non va demonizzata ma utilizzata come modalità di insegnamento curriculare. 
Qualcuno desidera affrontare con me anche lo scottante tema del colloquio d'esame? 
Aspetto sfide infide

martedì 17 giugno 2014

Classe capovolta

Tendenze e controtendenze.

Una  cara collega sostiene che ogni volta  che parliamo  di cambiamento la scuola peggiora, ovvero i ragazzi sono meno preparati, che dire? Difficile commentare, quante variabili nel corso degli ultimi 10, 20 anni, un trend certamente non positivo e nemmeno propositivo.

 La moda, le mode, nella scuola ogni volta che si propone un cambiamento tutto appare immediatamente più fluido, meno ingessato ma le innovazioni sono ostiche dure ad attecchire; le piante pioniere si sa si fanno strada invadendo rigogliose terreni spesso aridi ed impervi, nella scuola le piante pioniere lentamente vengono sopraffatte o nel migliore dei casi crescono stente ed isolate.
Diamogli vita, fiducia, un futuro cambiamento sarà possibile se in molti ci crederemo e se ogni in piccolo stelo infonderemo linfa vitale per irrobustirlo.

Oggi si parla di CLASSE CAPOVOLTA, FLIPPPED CLASSROOM e apprendimento cooperativo, un nuovo modo di vedere le cose in aula e fuori, ed  un metodo democratico e partecipativo ancora purtroppo non largamente diffuso. Cerchiamo di saperne di più per stare tutti al passo con i  nostri ragazzi così bisognosi di relazioni significative, di contatti non solo virtuali, di fiducia e di competenze per la vita e di adulti di riferimento.
Perdere un'occasione così preziosa di contatto autentico  con i giovani,  forse non è un REATO?

ARIAC propone per il 30-31 AGOSTO  a Giulianova (TE) il 9° Seminario Nazionale Estivo  dal tema:  "Apprendimento Cooperativo, risorse per le classi e le comunità professionali
come innovare l’apprendere e l’insegnare con la formazione continua degli adulti"
Come sempre sarà un momento di incontro interessante e pregnante e propositivo, diffondiamolo...



lunedì 9 giugno 2014

Alla ricerca di INTERCONNESSIONI

Cultura, sapere, conoscenza, quante forme e quante facce!

Oggi siamo meno sicuri di ciò che è e fa cultura, di quale sia la conoscenza significativa, di cosa voglia dire educazione, il dubbio un bene o un male, non saprei rispondere.
Gradirei tanto che altri mi aiutassero a capire, a dipanare una matassa un po' intrigata tra ieri ed oggi, e poi ... domani, il nostro futuro vicino e lontano, inquietante perché ancora non prevale la ragione del bene, l'equità, la giustizia, il benessere diffuso, il problema etico tanto dibattuto....
Nella mia mente è chiaro solo il bisogno, la pura reale necessità di costruire interconnessioni.
Mi appare lucidamente sempre più di frequente un'immagine un po' retorica, una montagna, grande benefica ed imponente che si apre alla vista con declivi e baratri, pareti scoscese e fessure improvvise, spaventose, dove  dolci acque di diversa origine scendono ritrovandosi, insomma un bacino idrografico esterno ed uno interno che contribuiscono ad arricchire aree, talvolta molto varie, di vita.
Vorrei così la scuola, una grande montagna perennemente viva con  molteplici interconnessioni  per facilitare lo scambio ed arricchire il territorio, aprire umidamente ed umilmente le menti; un'acqua dilagante non forte come un diluvio ma resiliente e vivace, che scorre a lungo prima di trovare...

               IL MARE

sabato 7 giugno 2014

Malata di scuola, forse convalescente

La scuola è finita,
 per fortuna resta lo strascico un po' noioso degli esami che ci permette di vedere i nostri amatissimi in veste sobria e poco spigliata argomentare tristemente,  in modo spesso meccanico, su percorsi ritenuti veri fardelli che non appassionano né hanno appassionato per poi dire agli amici, comunque vada, quanto è stato facile superare quel colloquio anche se invece lo stesso è apparso ad altri occhi più avvezzi a comprendere ciò che resterà duraturo, un vero disastro.
Le classi vuote con tutte quelle carte appese, fogli e cartelloni a cui solo pochi hanno dato valore, privi in genere del senso del bello e  del processo invisibile che ha condotto alla loro realizzazione, con quelle cattedre centralizzate e quei banchi allineati che simulano un ordine fisico e mentale inesistente, prive di brio, di realtà, una finzione/prigione distante spesso dal mondo reale.
Vedere queste classi oggi prive di senso mi rattrista infinitamente ma talvolta mi ha rattristato anche vederle gremite di ragazzi rattrappiti in un sapere statico che non gli appartiene e che molte volte non digeriscono.
Questo mondo è il mio mondo, ho provato a cambiare qualche briciola del sistema ed ho trovato spesso molta riconoscenza nei miei alunni. come me molti altri docenti appassionati e appassionanti, ma quanto grigio...in genere e  non solo nei capelli spesso rossastri, troppo colorati per essere credibili " casco integrale" come li chiamano i ragazzi.Vecchi travestiti da giovani, tossette secche e menti appannate, poca voglia di fare, molta di scappare.
Una scuola vuota 3 mesi è uno spazio sterile, una scuola deve sopravvivere all'estate con offerte diversificate e permeanti, accattivanti per tutti quelli che ben poco avranno da fare di formativo.
Un sogno far vivere i nostri edifici scolastici con entusiasmo per  periodi più lunghi e con arredi, ambienti accoglienti e motivanti, un sogno una scuola itinerante nei nostri luoghi più suggestivi,  un sogno vedere allontanare i nostri ragazzi con dispiacere al termine dell'anno e non tra fischi e urla liberatorie da stadio, un sogno che forse si potrebbe realizzare, nemmeno con molti sforzi ma sicuramente con molta fantasia e coraggio.
Un insieme di voci come un'ortensia la cui bellezza è rappresentata dalla compostezza e completezza dei  fiori che compongono la sua infiorescenza


Mi mancate cari ragazzi già questa sera!
Domani risistemerò il mio diario di bordo che agli esami mi permetterà di sentirmi al pari con voi e che mi rammenta tutto ciò che abbiamo provato a costruire insieme.
Grazie.

giovedì 5 giugno 2014

Perché bocciare?


Siamo promossi o bocciati in continuazione nella vita ma LE BOCCIATURE SCOLASTICHE bruciano molto, Perché?
La bocciatura chiama in causa molteplici responsabilità: della famiglia, della scuola, dell’alunno. Spesso chi viene fermato non possiede una famiglia solida alle spalle, solida in vari sensi, economico, referenziale, culturale ecc." è ingiusto far parti uguali tra diseguali" ? questione spinosa già battaglia di Don Milani
Le varie responsabilità vanno prese in considerazione, non certamente per mettere in moto atti di accusa, ma perché alunni, docenti e genitori dovrebbero essere  sempre compartecipi dell’impegno educativo che serve, ed implica molte responsabilità personali delle singole componenti.
La scuola, ancora forse per non molto, è chiamata fortemente in causa nella complessa gestazione del bambino in crescita, il ruolo educativo le compete  in molte componenti: orientative, di autostima, di valorizzazione, di crescita culturale, di crescita relazionale di crescita in cittadinanza, nell' autorealizzazione, fine ultimo dell'educazione/istruzione.
I ritardi, la bocciature, la grande mortalità scolastica, l'abbandono,(anagrafe Lucignolo, sic?!) sono sempre espressione di un insuccesso che riguarda tutti, non solamente i nostri ragazzi, ma le loro famiglie e i loro docenti che dovranno chiedersi quanto hanno investito, speso su quell'alunno e se le competenze personali siano state sufficienti e messe in atto nel modo opportuno. 
Su quali strategie vengono messe in campo per... nella scuola stenderei un velo pietoso. La scarsa capacità relazionale, la mancanza di entusiasmo contagioso, la  media aritmetica, il deficit di valutazione formativa/autentica, la mancanza di  conoscenza dell'identità complessa di chi ci sta di fronte, troppo spesso solo nei banchi, afflitto da mortifera noia e senso di inutilità, ci impediscono di essere oggettivi e credibili, con  le dovute eccezioni...naturalmente!
Dare fiducia talvolta serve, costruire con LORO è necessario

martedì 3 giugno 2014

In periodo di VALUTAZIONE mi permetto qualche RIFLESSIONE

L’apprendimento non è così lineare come sembra, è fatto di sbalzi in avanti e indietro, di stasi ed estasi, le vie per apprendere sono plurime.
Ognuno ricerca la propria e la trova più facilmente se il docente pratica una didattica contestualizzata, attenta alla meta-cognizione, all’ operatività, alla cooperazione, orientando ogni alunno a riattraversare quanto fatto in territori conoscitivi diversi in modo da intravedere in ogni “rivisitazione” qualche cosa precedentemente non visto  
Il senso di una "didattica contestualizzata"
esempi limite
I ‘maestri di strada’ sono  specializzati in ‘didattica contestualizzata’, ossia nel lavorare sulle cose che capitano e nell’usare i libri per capire meglio quello che ci capita e non i libri per fuggire da ciò che accade. Significa che se uno porta un coltello a scuola, se uno porta una pistola che non si capisce se è vera o finta, se uno fa uno sgarbo, un furto, se un amico o conoscente viene colpito da una vendetta trasversale, ma anche da un insano cazzotto queste sono occasioni pedagogiche. Sono occasioni in cui i nostri adolescenti trasgressivi, aggressivi e/o oppressi, pieni di furori e di paure sono costretti a fare i conti con se stessi, a dipanare un groviglio di sentimenti paralizzanti attraverso la ragione e la cultura, ed in questo modo imparano ad accettare anche le proprie parti più distruttive, ed imparano non l’ipocrisia ma la capacità di costruire e riparare agli effetti devastanti dei sentimenti distruttivi. Tutte le volte che abbiamo fatto questo siamo cresciuti, si è creato un legame positivo che ci ha consentito di affrontare prove più dure.
ASCOLTO EMPATICO come struttura di accoglienza e processo di conoscenza
Lend : lingua e nuova didattica (B)
Risolvere cooperativamente conflitti d’interesse ( unità 7  pag 189 v. tavola fotocopiata-. Herbert Franta A.Rita Colasanti- L’arte dell’incoraggiamento Carocci) Sono indicate nel testo alcune modalità per diventare ascoltatori empatici attraverso: ricezione messaggi, decodifica e lettura, comportamento di supporto. Riparare=Dare riparo- Rinforzi positivi-Uscire dalle proprie cornici culturali- mettersi noi nelle sue scarpe-non simpatia ma EMPATIA che presuppone la comprensione di ciò che l’altro sente, prova, ma non l’identificazione ( la capacità di calarsi nei panni dell’altro per poi distanziarsene)
Alfabetizzazione come mezzo di emancipazione
Interazione docente – studente l’apprendimento come risposta a domande rilevanti  e generative - l’apprendimento è reciproco  “…nessuno educa nessuno, nessuno si educa da solo, gli uomini si educano a vicenda in un contesto reale” 
Paulo Freire
Importante per chi educa conoscere ed inserirsi nel gruppo di chi apprende
( Freire, Lodi, Milani, Malaguzzi)
Proviamo a costruire insieme
Abilità  sociali e competenza sociale
Il cooperati ve learning è più complesso dell'apprendere in modo competitivo o individualistico perché assegnare ad un gruppo individui socialmente non abili e dir loro di cooperare non garantisce che saranno capaci di farlo effettivamente.
Per questo motivo una delle caratteristiche del Cooperative Learning è l'insegnamento diretto delle competenze sociali che gli studenti devono saper usare per lavorare con successo con il gruppo dei  pari.
Quando i gruppi di apprendimento funzionano da tempo o si impegnano in attività complesse, sono le abilità sociali a determinare il livello di successo del gruppo stesso.
Infatti la mancanza di comunicazione efficace influisce non solo sul livello di amicizia ma anche sullo scambio di informazioni, sullo scambio delle risorse, sull'efficacia del feedback per migliorare il compito.
Viceversa gli
  individui che sono socialmente competenti hanno acquisito un'ampia gamma di abilità interpersonali e di piccolo gruppo, che possono applicare in modo appropriato nell'interazione con gli altri, ottenendo in tal modo il risultato condiviso da raggiungere
Le abilità sociali, cioè i comportamenti che la persona manifesta nel contesto interpersonale, costituiscono la base e la pre-condizione per lo sviluppo di un'adeguata competenza.
Per competenza sociale si intende un insieme di abilità consolidate e utilizzate spontaneamente e con continuità dallo studente per avviare, sostenere e gestire un'interazione in coppia o in gruppo. 

Le abilità sociali non sono innate, ma devono essere identificate e insegnate.
 E' necessario motivare gli studenti e dare loro l'opportunità di usarle in contesti autentici di apprendimento. Se esse non vengono insegnate, gli insegnanti non devono aspettarsi che gli studenti siano capaci di metterle in pratica.
La letteratura specifica propone diverse classificazioni delle competenze sociali. L'insegnamento diretto delle abilità sociali non è valorizzato allo stesso modo dalle diverse modalità di applicazione del Cooperative Learning. Esso è escluso solo dalla modalità Success for all (una volta Student Team Learning) di Slavin della John Hopkins University.
Per i Johnson gli individui apprendono le abilità sociali per raggiungere le competenze sociali..
La competenza sociale (social competence), nell'accezione utilizzata nel testo citato, è il “livello di expertise raggiunto nell'uso coerente di un insieme di abilità relazionali che favoriscono la buona relazione e interazione con gli altri”. 
L'insegnamento di una competenza non avviene direttamente, ma attraverso la costruzione progressiva delle abilità che la descrivono (ad es. la competenza comunicativa implica una serie di abilità: saper superare il rischio di aprirsi all'altro, saper esprimere emozioni, ecc...).
I fratelli Johnson hanno distinto queste abilità in quattro categorie:

1-   abilità che aiutano gli studenti a stare insieme in gruppo 
(abilità comunicative e di gestione di conflitti).  Ad. esempio  formare il gruppo in modo ordinato, stare con il gruppo e non gironzolare per l'aula, parlare sottovoce,  essere interessati e partecipare, essere positivi verso gli altri membri, conoscere e usare segnali per abbassare il tono di voce, fare a turno);

     2-  abilità che aiutano i gruppi a funzionare bene, rispetto alla realizzazione del compito (abilità di leadership). Ad esempio chiedere / dare informazioni; aiutare ad organizzare il materiale; dare dei ritmi di lavoro; saper ascoltare e saper dare comandi; incoraggiare la partecipazione; mostrare apprezzamento; parafrasare; condividere i sentimenti

     3-  abilità di apprendimento per comprendere il materiale fornito. Ad  esempio: saper ripetere e riassumere; saper spiegare ogni fase del proprio ragionamento; valutare o correggere con accuratezza le sintesi dei propri compagni; trovare modi intelligenti, strategie per memorizzare; pensare a voce alta e invitare gli altri a farlo

    4- abilità di stimolo all'approfondimento e alla riflessione attraverso cui gli studenti incoraggiano se stessi e gli altri a vedere le cose da una prospettiva multipla, a fare domande profonde, a imparare a confutare le idee dell'altro.
    Ad esempio porre domande, profonde, critiche e creative; chiedere di mostrare i passi del proprio ragionamento; criticare le idee e non le persone; differenziare le opinioni; trasferire idee; integrare idee e prospettive differenti.

Per insegnare le competenze sociali può essere utile seguire una procedura di tipo cognitivo comportamentale che prevede i seguenti momenti:
1. Suscitare la motivazione negli alunni
2. Descrivere, durante momenti specifici dedicati opportunamente all'insegnamento diretto delle competenze sociali, in modo:  oggettivospecifico e osservabile comportamenti 
    che esprimono l'abilità usando le seguenti tecniche:
  • Descrivere gli aspetti verbali/ nonverbali della competenza attraverso una carta a T
  • Usare il modellamento
  • Usare role playing e simulazione del ruolo
  • Presentare situazioni problema che richiedono l'uso e l'applicazione della competenza
  • Dare un feedback su ciò che l'alunno ha saputo correttamente simulare.
3. Esercitarsi durante tradizionali momenti di cooperative learning applicato a contenuti di tipo didattico.
4. Operare una revisione metacognitiva rinforzando i comportamenti desiderati e ignorando/correggendo quelli inopportuni.
5. Generalizzare gli apprendimenti.

Vengono sottolineati alcuni elementi particolarmente importanti all'abilità:
  • le abilità sociali sono frutto di apprendimento. Non si tratta di “predisposizioni innate”, ma dei risultati di processi di apprendimento determinati dalle esperienze educative sperimentate dalle persone;
  • le abilità sociali sono i mezzi attraverso cui si raggiunge il soddisfacimento dei propri bisogni sociali;
  • le abilità sociali sono legate a situazioni specifiche e variano al variare dei contesti e dei compiti. La persona è socialmente competente, quando si dimostra in grado di modificare il proprio comportamento al variare del “dove”, del “quando” e del “con chi”;
Comoglio e Cardoso: (1996) propongono una scansione delle competenze sociali, che pone l'enfasi sulla dimensione relazionale e delle dinamiche di gruppo, piuttosto che su quella cognitiva e di apprendimento - come invece fanno i Johnson nelle loro abilità di apprendimento per comprendere il materiale fornito  e di stimolo all'approfondimento o alla riflessione.
Comoglio M. così definisce  (in Educare insegnando”, 1998), le abilità sociali (social skill): un 

insieme di comportamenti motivati e cognitivamente controllati che permettono ad una persona di iniziare, sviluppare, mantenere e affrontare in modo efficace una buona relazione con gli altri e un buon inserimento nell'ambiente che la circonda”.
Secondo Comoglio - Cardoso “dalla psicologia sociale 
 è possibile scandire un percorso curricolare cui far riferimento” che si declina nel seguente modo:
  1. competenze comunicative interpersonali;
  2. competenze di leadership;
  3. competenze di soluzione dei problemi (o problem solving);
  4. competenze di per una gestione positiva e costruttiva del conflitto;
  5. competenze decisionali (o decision making).
1.   Competenze comunicative interpersonali sono quella sommatoria di singole abilità legate sia al momento in cui ascoltiamo un messaggio (come riceventi), sia a quello in cui rispondiamo ad un messaggio (come emittenti) e abbiamo presente che la nostra comunicazione viaggia su due livelli quello verbale e quello non verbale. Sono perciò comprese nella competenza comunicativa interpersonale:
  • le abilità di ascolto come il guardare negli occhi l'interlocutore o il parafrasare l'intervento dell'altro o il fare domande di approfondimento;
  • le abilità di comunicazione nonverbale come ad esempio il posizionarsi fianco a fianco quando si sta lavorando in cerchio, l'usare un tono di voce adeguato al lavoro che si sta svolgendo (sufficientemente basso da non disturbare gli altri se molti gruppi lavorano contemporaneamente e sufficientemente alto da essere sentiti dai compagni di gruppo), il rivolgersi con una gestualità che comunichi accoglienza;
  • le abilità di risposta efficace come l'uso di una comunicazione descrittiva e non valutativa, l'utilizzo di espressioni legate al proprio vissuto emozionale (anche detta “comunicazione rappresentativa o io-messaggio”), l'attenzione alla strutturazione di frasi chiare e sintetiche.
2.      Competenze di leadership sono quella sommatoria di singole abilità che permettono agli individui di gestire un gruppo rivolto all'esecuzione di un compito, in modo da giungere al traguardo richiesto con soddisfazione dei membri. Tra queste ricordiamo:
  • le abilità di introduzione del lavoro come ad esempio introdurre l'argomento e scaldare l'ambiente o distinguere i compiti / ruoli nel gruppo o ancora chiarire l'ordine del giorno,
  • quelle di pianificazione e progettazione come ad esempio definire il problema, chiarire gli obiettivi del lavoro, stabilire una scaletta di priorità o delle azioni da realizzare,
  • quelle di gestione del percorso di gruppo come ad esempio controllare i toni di voce, dare il turno di parola, favorire la partecipazione, dare istruzioni, scandire i tempi di lavoro, condividere i materiali ed infine
  • quelle di apprendimento come ad esempio spiegare idee e procedure, prendere appunti, ricapitolare, controllare la comprensione, approfondire.
3.        Competenze di gestione dei conflitti sono quella sommatoria di singole abilità che permettono di affrontare, gestire e risolvere un conflitto interpersonale come ad esempio il distinguere le proprie/ altrui emozioni, il nominare le proprie/ altrui emozioni, il gestire le emozioni attraverso l'autocontrollo e l'espressione verbale diretta delle stesse, l'identificare il terreno comune per creare tutte le soluzioni possibili, l'accettare le differenze, il riconoscere il valore degli altri, il valutare e scegliere di comune accordo cioè negoziare, il definire di modalità concrete di attuazione delle soluzioni prospettate.
4.        Competenze di soluzione dei problemi sono quella sommatoria di singole abilità che permettono di definire il problema, favorire la generazione di idee e la scelta dell'idea più efficace, criticare le idee e non le persone, essere consapevole degli errori, effettuare correzioni appropriate al livello dei discenti, sviluppare tecniche di autocorrezione, usare aiuti per la correzione tra pari, raggiungere un accordo.
5.        Competenze decisionali sono quella sommatoria di singole abilità che permettono ad un gruppo di persone di prendere delle decisioni insieme.

Alla luce di quanto sopra espresso si conclude che le abilità sociali devono essere chiaramente identificate ed insegnate. 
Se non sono insegnate, gli insegnati non devono aspettarsi che gli alunni siano capaci di metterle in pratica. E' necessario motivare gli alunni e dare loro l'opportunità di usarle in contesti autentici di apprendimento.
 Per un efficace lavoro cooperativo è essenziale sviluppare competenze sociali adeguate. Esse servono a regolare e rendere efficienti le relazioni interpersonali tra i membri del gruppo e includono comportamenti che inducono una corretta collaborazione, orientano verso il compito e/o mantengono un buon clima di gruppo, ma anche stimolano una corre-sponsabilità individuale 
Il possesso e l'uso efficace di tali abilità nel loro insieme si rendono indispensabili per generare ma soprattutto consolidare e incrementare il clima di fiducia, l'accettazione e la condivisione all'interno del gruppo. Infatti, un 'buon' clima è una condizione necessaria perché ognuno possa esprimere liberamente le proprie idee, richiedere (e offrire) assistenza e aiuto senza timori di giudizi negativi o reazioni di rifiuto (si fa qui notare come in questo modo il Cooperative Learning affronti anche il tema dell'educazione alla pace nella scuola, insegnando ai ragazzi a gestire in maniera costruttiva i conflitti, contro l'affermazione di sé a danno dei compagni).

Il Cooperative Learning suggerisce di insegnare questo tipo di competenze con modalità graduali che prevedano inizialmente la loro definizione, la presentazione di modelli di riferimento, gli esercizi di ruolo o le simulazioni dalle quali appaia evidente il tipo di comportamento richiesto, e successivamente l'osservazione del modo di comportarsi di ogni gruppo da parte dei membri e dell'insegnante, il rinforzo durante l'azione, e infine la verifica finale dopo ogni incontro sul lavoro realizzato e sulla competenza sociale applicata. A questo punto è il caso di ricordare che spesso gli insegnanti commettono l'errore di assumere che gli studenti siano provvisti di capacità relazionali come tratti innati della loro personalità. Essi manifestano questa 'credenza' nel momento in cui inseriscono all'interno dei gruppi un soggetto che sembra possedere le qualità tipiche di un leader: iniziativa, capacità, competenze, ecc. I ricercatori del Cooperative Learning non condividono assolutamente tale posizione perché ritengono che prima di organizzare un lavoro di gruppo sia indispensabile educare gli studenti a 'stare' e 'lavorare' insieme fornendo loro indicazioni chiare e precise.
Interdipendenza positiva

Nel cooperative learning è fondamentale l'attenzione nella strutturazione dell'interdipendenza positiva, ossia la percezione di essere collegati con altri in un modo tale che il singolo non possa avere successo senza fare gruppo e viceversa il gruppo non possa avere successo senza il singolo.

Johnson, Johnson & Holubec  definiscono L’INTERDIPENDENZA POSITIVA come “il cuore del cooperative  learning.” 

Le situazioni che vedono impegnati i singoli nel perseguimento di un proprio obiettivo, non implicano collaborazione, né competizione ma Interdipendenza negativa o assenza di interdipendenza

la condizione di interdipendenza positiva determina in ciascuno la constatazione di essere indispensabile per il gruppo, con ricadute positive, non solo sulla motivazione e sull'impegno, ma anche sulla qualità delle relazioni interpersonali.

Paul Vermette assegna all'interdipendenza positiva un significato anche affettivo. Questo approccio è in completa contraddizione sia con la teoria dei “giochi a somma zero, ovvero della competizione, sia con la teoria della disposizione normale dei risultati in un gruppo, ovvero l'individualismo.
Attraverso la costruzione dell'interdipendenza positiva è possibile affermare che quando tutti gli alunni imparano di più, l'ambiente migliora per tutti, compresi i più brillanti che possono imparare, insegnando (Vermette P.,1998 in
 Ellerani e Pavan).
Per strutturare l'interdipendenza positiva in una classe, Johnson & Johnson precisano che all'interno di ogni lezione cooperativa gli obiettivi della stessa, devono essere stabiliti attraversi reciproci obiettivi di apprendimento (studiare i materiali assegnati ed assicurarsi che tutti i membri del gruppo apprendano i materiali assegnati).
Per rafforzare l'interdipendenza positiva possono essere usate le ricompense condivise (se tutti i membri del gruppo raggiungono il 90% o più di risposte corrette, ognuno riceverà un bonus di maggiorazione del proprio voto), la divisione di risorse (assegnare ad ogni membro del gruppo una parte delle informazioni complessive richieste per completare l'incarico) e l'assegnazione di ruoli complementari.
I RUOLI: es.colui che legge, colui che controlla, colui che incoraggia, colui che sintetizza.
Sebbene possa assumere diverse modalità, l'interdipendenza è una necessità per usare con successo l'apprendimento cooperativo. Ci sono diversi modi per strutturare l'interdipendenza nei gruppi, in modo che gli alunni si sentano uniti e impegnati a lavorare insieme .

Avete materiale per proseguire in autonomia la ricerca se interessati a

questi aspetti. Personalmente proseguo la mia formazione
BUON LAVORO!

lunedì 2 giugno 2014

Anticipo scolastico: disattenzione e facili risparmi

Mi permetto di diffondere questa interessante riflessione di Giuseppe Bagni che condivido pienamente

Anticipo a 5 anni: perplessità e questioni aperte
 L’Europa ci chiede che il ciclo di studi per il conseguimento di un diploma si concluda a 18 anni. Ci sono stati tentativi falliti sul nascere di “accorciare” la scuola secondaria di primo e secondo grado. Ma la soluzione era lì, sotto gli occhi di tutti: «lo strumento migliore non è una scuola superiore di soli quattro anni, ma la possibilità di mandare i figli a scuola un anno prima», intendendo con questo che i bambini potrebbero essere iscritti alla scuola primaria a 5 anni. L’attuale inquilina di Viale Trastevere dopo  pochi mesi dal suo insediamento ha lanciato sul terreno del dibattito sempre accidentato che riguarda il mondo della scuola, la sua proposta.
Ora si potrebbe obiettare che la Scuola dell’Infanzia è una scuola a tutti gli effetti, che ha un suo curricolo di durata triennale, che risponde alle esigenze e ai bisogni di una specifica fascia di età (3-6 anni) connotata da un preciso profilo psicologico. Si potrebbe continuare ricordando alla Ministra che le ricerche internazionali, anche recentemente, concordano nel confermare ciò che potrebbe essere facilmente intuito con l’esercizio del semplice buon senso, ovvero che la frequenza di una scuola dell’infanzia di qualità rappresenta una variabile determinante ai fini di un percorso formativo efficace e produttivo e che solo un intervento precoce è in grado di contrastare l’insorgenza di quei disagi e di quei malesseri che troppo spesso si risolvono in insuccesso e in abbandono.
Ma dire e ribadire queste cose non solo ci sembra inutile, di fronte alla portata di certe proposte. Dire e ribadire queste cose significherebbe in un certo qual modo mettersi sullo stesso piano della Ministra, dimenticando o disconoscendo i motivi che consentono a Lei e a molti altri di pensare anche solo plausibile una simile iniziativa. E i motivi vanno ricercati nella modalità con la quale ci si è occupati della Scuola dell’Infanzia in questi ultimi anni. Prima c’è stata l’esaltazione: la scuola migliore del mondo, il modello pedagogico che tutti ci invidiavano, il gioiello di famiglia. Poi ci sono stati gli attacchi frontali: l’anticipo in ingresso e in uscita, le sezioni primavera, l’organizzazione del tempo scuola a richiesta delle famiglie … Infine, il silenzio. Sono anni che nessuno si occupa più di questa scuola, almeno formalmente, con interventi diretti.
Si è scelta la strada della disattenzione attiva: aumento progressivo ma costante del numero dei bambini per sezione, inserimento senza regole dei bambini anticipatari, mancato rispetto di qualunque parametro per l’inserimento dei bambini diversamente abili, incuranza di spazi e ambienti anche ai soli fini della sicurezza, assenza di fondi per l’acquisto anche solo del materiale di facile consumo … Il tutto nel silenzio generale, lasciando che il lavoro sporco lo facessero dirigenti volenterosi, collegi irresponsabili, genitori esigenti. Senza clamore, senza decreti, in modo che la confusione creata da norme contraddittorie e ambigue generasse una prassi non totalmente legittima, ma sicuramente forte, perché basata sul soddisfacimento di interessi altrettanto forti (quelli delle famiglie, quelli degli organici, quelli di ottenere un consenso spendibile in altri settori).
La disattenzione attiva è stata ed è un’arma potentissima che è riuscita, in nome di esigenze certamente legittime, ma che non dovevano essere scaricate sulla scuola, a indebolire questo segmento scolastico, a minarne l’identità, a negarne i capisaldi sui quali stava costruendo i suoi standard di qualità. È per questo che la Ministra, che pure è Ministra anche della scuola dell’infanzia, può pensare e dire impunemente che la soluzione sta nel mandare i figli a scuola un anno prima. Perché nonostante tutta la pedagogia e tutta la retorica che è stata evocata intorno all’infanzia e alla sua scuola, la scuola, quella vera, inizia, come dice il nome, dalla scuola primaria. Per questo è inutile evocare ricerche e studi, pedagogia e psicologia. Forse l’unica difesa possibile, in tempi di spending review sta nel fare appello a ragioni economiche, legittime ma di nuovo esterne rispetto ai diritti e ai bisogni dei bambini, che evidentemente hanno poca presa. E allora dovremmo invitare la Ministra a fare un po’ di conti e valutare quanto costa in termini economici, in euro, in termini di risparmio per le casse dello Stato, di abbassamento del debito pubblico, avere meno bambini e ragazzi per i quali attivare insegnanti di sostegno, quante ore dei GLIC si potrebbero risparmiare, quanti casi di BES e DSA potrebbero essere evitati agli ordini scolastici successivi se solo si mettesse la scuola dell’infanzia nelle condizioni di lavorare davvero con i bambini e per i bambini. È un’ipotesi che non è ancora venuta in mente a nessuno.

Roma 30 maggio 2014                                           Giuseppe Bagni